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Mascherine e guanti usati: troppi finiscono poi in mare

Rosalba Giugni

ROMA – Usare le mascherine è giusto e doveroso; ed altrettanto usare i guanti di protezione in tutte le attività fuori di casa. Ma tutto ciò, purtroppo, sta generando dei “danni collaterali” – come si dice in guerra – perché troppa gente si disfa di questi supporti senza fare attenzione al loro smaltimento. Morale: come ha denunciato l’associazione ambientalista Marevivo in una lettera della presidente Rosalba Giugni al presidente del Consiglio e al ministro dell’Ambiente, dove non arriva il buonsenso e la cultura dei singoli occorre intervenire. Perché si sta rilevando che sempre più mascherine e guanti usati finiscono in mare.

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Ecco la nota di Marevivo.

Presidente del Consiglio dei Ministri professor Giuseppe Conte e.p.c. ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare generale Sergio Costa commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 professor Domenico Arcuri Egr. presidente, Marevivo intende porre alla Sua attenzione i rischi ambientali connessi alla mancata attenzione e al corretto recupero, dopo il loro utilizzo, dei DPI (Dispositivi Protezione Individuale) con conseguente dispersione nell’ambiente ed, in particolare, in mare. È di tutta evidenza l’improcrastinabile esigenza che le Autorità preposte adottino tutte le misure già previste dalla legge per il recupero dei dispositivi già in circolazione composti da multimateriali non riciclabili. D’altro canto, è necessario privilegiare ed incentivare la produzione e l’acquisto di DPI realizzati con materiali ecosostenibili monomateriale e riciclabili in modo da non pregiudicare ulteriormente la qualità ambientale degli ecosistemi, che, come ormai noto, è una delle cause delle pandemie. Le azioni poste alla Sua attenzione non sottovalutano né ignorano le cautele necessarie nel recupero e nel riciclaggio dei DPI, che devono salvaguardare i cittadini e gli operatori del trattamento dei Rifiuti Solidi Urbani, fermo restando che le norme a cui fa riferimento l’Istituto Superiore di Sanità (nota prot. n. 8293 del 12 marzo 2020, e circolare n. 5543 del Ministero della Salute) possono trovare applicazione solo nella gestione delle strutture ospedaliere. A tal proposito ci permettiamo di suggerire la dotazione, alle suddette strutture, di impianti di sterilizzazione e riduzione meccanica dei DPI ospedalieri per evitare che gli stessi restino parcheggiati per settimane in attesa di essere inceneriti. Di seguito le principali motivazioni che impongono queste scelte:

• Innanzitutto le quantità, in termini di numero di pezzi che saranno utilizzati nel breve e medio periodo, nel nostro Paese e nel bacino Mediterraneo;

• Il fatto che il materiale principale con cui sono realizzate parte dei DPI è il c.d. TNT, cioè tessuto non tessuto di Polipropilene (PP) che, per il suo utilizzo, cioè quello di andare a contatto con la pelle, il viso, la bocca e il naso, deve essere quindi necessariamente PP di prima qualità e perciò di provenienza dall’industria della plastica derivante dagli idrocarburi cioè fonti fossili non rinnovabili;

• la diffusione di mascherine che non siano qualificabili come dispositivi medici ed immesse sul mercato in deroga alle normali norme sull’immissione in commercio, che ha indotto alcuni produttori ad utilizzare altri polimeri plastici come il polietilene, che viene anche utilizzato per altri tipi di DPI usa e getta (guanti, tute, ecc.), quindi migliaia di tonnellate di plastica vergine e riciclabile all’infinito.

Pertanto si chiede di attivare il Ministero dell’Ambiente del Territorio e del Mare al fine di predisporre un percorso per costruire una filiera di riciclo che individui un percorso nuovo che non assimili i DPI agli imballaggi, ed infine di individuare le risorse economiche per favorire l’adeguamento delle attrezzature di trattamento nelle postazioni di smaltimento e riciclo.”

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Pubblicato il
13 Maggio 2020

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