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Messina, torna in auge il ponte

MESSINA – C’è un risveglio, dopo dieci anni di (contrastato) letargo, sul ponte di Messina? Cancellato dal governo Monti dopo che era stato appaltato dal precedente governo Berlusconi, il ponte sullo stretto di Messina torna alla ribalta tra le opere “urgenti” elencate dal governo Draghi. Anche alla luce di un fatto tutt’altro che confortante: l’annullamento del contratto ci costa – secondo una dichiarazione di Pietro Salini che aveva vinto con Impregilo – almeno 500 milioni al mese più le penali.

Il rilancio del ponte – sempre secondo Pietro Salini in un’intervista alla TV dei giorni scorsi – annullerebbe il contenzioso milionario che l’azienda ha con lo Stato. E in più darebbe lavoro a centomila addetti tra lavoratori diretti e fornitori. Impegnerebbe infine le acciaierie di Taranto per una fornitura che le terrebbe a regime massimo per quattro anni. Sul piano della logistica, il ponte velocizzerebbe al massimo, e con costi minori, il trasporto delle merci e anche il transito dei pendolari e dei turisti. Tra i progetti all’esame del nuovo governo, uno prevede la campata unica, con due piloni terrestri, un secondo pilone centrale allo stretto e un terzo anche due piloni nell’acqua: tutti hanno la campata ad altezza tale da garantire il passaggio delle grandi navi. Tutti prevedono sia un doppio senso stradale sia un percorso ferroviario.

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Se c’è un settore importante della logistica che spinge sul ponte, non mancano comunque le opposizioni. A parte i verdi, che gridano allo scempio del paesaggio, ci sono gli armatori del sistema dei traghetti, che sarebbero ovviamente penalizzati. Sostenitori e negazionisti hanno le loro lobbies nel governo. Ed è difficile capire come finirà, anche se prevale, con il pessimismo della ragione, l’idea che si continuerà a discutere senza far niente.

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Pubblicato il
10 Aprile 2021

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