Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante l’AGCM e concorrenza portuale.
ROMA – Come noto, a marzo di quest’anno, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha inviato una segnalazione al Governo presentando una serie di proposte di riforma concorrenziale ai fini della Legge annuale per il mercato e la concorrenza (anno 2021). Tra queste, dando attenzione anche al mondo portuale, ne sono state presentate alcune nell’ottica di favorire e velocizzare gli investimenti nel nostro mondo e quindi aumentare il livello di competitività.
In primo luogo, l’AGCM è tornata sul tema del regolamento concessioni auspicando una riformulazione dell’articolo 18 della Legge n. 84/94, nel senso di “individuare criteri certi, chiari, trasparenti e non discriminatori per il rilascio delle concessioni demaniali portuali, nonché per la definizione della loro durata e delle modalità di revoca”; tematica, peraltro, ripresa anche dall’ultima versione del PNRR e recentemente approvata dal Governo.
Tuttavia, se da un lato è fuor di dubbio l’estrema importanza di individuare una procedura trasparente ed imparziale (attesa da ben 26 anni) – sia in fase di avvio del rapporto concessorio, che in caso di prematura terminazione dello stesso – per assicurare la concorrenzialità all’interno del porto, anche in termini di limiti minimi dei canoni a carico dei concessionari, dall’altro lato, è altresì vero che allo stato non sono molte le concessioni “libere” ex articolo 18 o comunque in attesa di rinnovo.
In secondo luogo, l’Autorità Garante ha affrontato l’annoso tema del divieto di doppia concessione di cui all’articolo 18, comma 7 della Legge n. 84/94 riferendo che “in un’ottica di sviluppo e crescita del settore portuale” detto divieto per la medesima attività dovrebbe valere per i soli porti di ridotte dimensioni. Ciò sul presupposto che in tali contesti sarebbe “più facile che si creino situazioni di potere di mercato, e/o per quelle tipologie di attività che prevedono dinamiche concorrenziali limitate al singolo porto”.
Ora, al netto di eventuali considerazioni di merito sul tenore della norma – già oggetto di un nostro precedente commento – le recenti vicende portuali che hanno interessato uno scalo italiano di non certo irrisorie dimensioni dimostrerebbero che quanto precisato dall’AGCM mal si concilierebbe con la realtà dei fatti. In sostanza, sul presupposto che il porto rappresenta un mercato sostanzialmente chiuso, caratterizzato dalla presenza di enormi barriere all’accesso e da un numero limitato di operatori, sarebbe opportuno evitare, pro-futuro, che esso diventi luogo di pratiche restrittive della concorrenza attraverso la concentrazione delle imprese portuali terminalistiche e quindi evitare pratiche lesive – anche solo potenzialmente – della concorrenza conseguenti allo sfruttamento di posizioni dominanti.
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