LIVORNO – Hanno cercato di tenerla sotto silenzio, ma niente da fare: la prima classifica dell’efficienza dei porti di tutti i continenti, stilata da Banca Mondiale e IHS (CPPI, ovvero Container Port Performance Index) circola ormai da qualche settimana e si riferisce ai primi 6 mesi del 2020. La scusa della pandemia non è valida, visto che Covid ha colpito ovunque. Tutto ciò premesso, i porti italiani sono messi male: il primo è Gioia Tauro al 145° posto ma Savona-Vado è 310° e Genova 321°. A metà del guado ci sono Napoli (150°) Palermo (172°) Salerno (174°) Civitavecchia (175°) Trieste (212°) La Spezia (241°) e Livorno (251°).
Perché questa solenne bocciatura? Proviamo a chiederlo ad alcuni dei protagonisti della portualità nazionale e dello shipping, cominciando dall’appena riconfermato presidente nazionale di FISE-Uniport Federico Barbera.
Presidente Barbera avrà certo visto la classifica CPPI sui porti. Che ne pensa dell’Italia?
“Penso quello che un po’ tutti da qualche anno sono costretti a verificare: che i nostri porti hanno perduto l’occasione storica, con la riforma della 84/94, di diventare efficienti e moderni”.
Colpa dello Stato e della legge?
“Non soltanto: è anche colpa di una imprenditoria portuale italiana che non c’è o quasi. Che non ha saputo o potuto investire nell’ammodernamento del proprio business e che è perennemente inchiodata anche da una burocrazia assurda.”
Eppure a sentire i vari governi che si sono succeduti, porti e logistica sono il cuore della nostra economia…
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