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Intelligenza Artificiale pericolosa?

Il blog è pieno, da qualche tempo, di domande sull’AI, ovvero l’Intelligenza Artificiale e i suoi supposti pericoli anche nel campo marittimo e logistico; difficile però avere certezze, come chiede via mail il livornese R.R da una locale casa di spedizioni:

Ci chiediamo, in azienda, se anche le più spinte applicazioni della AI possano diventare un pericolo, come la fantascienza insinuava nei celebri romanzi dei robot che comandavano gli uomini. E se sia vero anche che ridurrà drasticamente i posti di lavoro non solo operai ma pure impiegatizi e manageriali…

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Anche noi cerchiamo di documentarci, perché il robot-giornalista è tra le opzioni (e potremmo fantasticare su splendide robot/colleghe dalle tette prorompenti che l’AI ha recentemente proposto e fatto conoscere su alcuni servizi televisivi). Battute scherzose a parte, ogni grande progresso tecnologico a nostro parere ha comportato paure più o meno ancestrali e cambiamenti sul mondo del lavoro: basta ricordare le “rivolte dei telai” in Inghilterra (luddismo) alla fine del ‘700, quando le ricamatrici temettero di perdere il lavoro per l’invenzione dei telai. Altri esempi sono numerosi, ma alla fine dimostrano che innovazioni tecnologiche nel mondo del lavoro possono cambiare per l’uomo (e la donna) tipologie di impegno, ma non creare pericoli.

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In un libro di Naomi Alderman, “Il Futuro” – si legge su Telescope – una delle protagoniste, la creator Lai Zhen, considerata la massima esperta mondiale in tecnologie della sopravvivenza, viene salvata da una setta religiosa che vuole ucciderla grazie a AUGR, un algoritmo AI altamente flessibile che monitora gli eventi in corso, un software di previsione e protezione con il compito di “farla restare viva”, che le parla direttamente negli auricolari dandole istruzioni su come neutralizzare gli attacchi e trovare l’uscita più vicina. Intelligenza artificiale buona, dunque. Anche se probabilmente ha ragione il filosofo Byung-Chul Han quando afferma che l’Intelligenza Artificiale, per la sua mancanza di pathos, è soltanto in grado di calcolare, fare correlazioni e riconoscere schemi ma non di pensare; perché il pensiero è totalmente analogico, richiede anche emotività estati d’animo, non solo calcolo. Potrebbe essere un pericolo per chi non pensa e non ha la testa, come nella vignetta di Jacovitti qui sotto.

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Pubblicato il
24 Gennaio 2024

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