Le nostre arterie sotto il Mediterraneo minacciate dalla cyber-war

BRUXELLES – C’è una guerra invisibile, ma che comporta potenziali danni enormi, superiori a quelli delle bombe e dei missili, che riguarda i fondali del mar Mediterraneo. Ed è la guerra sul controllo, la sicurezza e lo spionaggio sulle migliaia di cavi sottomarini che portano elettricità, idrocarburi, gas ma anche e specialmente dati sensibili. In tempi come questi, nei quali nel Mediterraneo s’intrecciano non solo traffici marittimi ma anche tutte le “strade” informatiche perché ciascuna delle nostre aziende sia collegata al mondo, la tutela di queste arterie sta diventando fondamentale, anche sul piano militare.

Se ne parla sia a livello diplomatico che geopolitico. Saverio Lesti, ricercatore capo di Mondo internazionale Geo, associazione diplomatica, ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto sull’importanza strategica che stanno assumendo i fondali marini. Secondo Lesti, i cyberattacchi per interrompere le reti critiche di intelligence e i sabotaggi per causare danni economici alle imprese sono gli strumenti principali della “guerra informatica per i cavi sottomarini”. “Essendo il mar Mediterraneo un nodo chiave della rete di comunicazione globale, i suoi cavi sottomarini sono un obiettivo vitale per i potenziali avversari”, afferma il ricercatore.

La cosiddetta “guerra dei fondali” è “l’elemento chiave della posizione strategica di un paese durante un conflitto”: se i governi mirano a mitigare queste minacce, i progressi legislativi che devono affrontare sono quelli di “diversificare le rotte per ridurre il rischio di un singolo attacco, migliorare la sicurezza con sistemi di sorveglianza, e sviluppare accordi internazionali”. Facile? Non proprio, perché entrano in gioco interessi diversi: “la mancanza di volontà politica e la complessità giuridica per regolare l’uso dei fondali”.

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