Neri e Labromare: così ripuliamo dai rifiuti il nostro mare
Plastiche, inquinanti, bonifiche: a confronto sulla lotta anti-inquinamento
LIVORNO. Per fare “rotta verso un mare pulito”, come recita il titolo dell’appuntamento organizzato da Fratelli Neri e Labromare alla Biennale del mare in agenda a Livorno, chiunque l’avrebbe presa un po’ più comoda: magari sventolandoci davanti al naso l’incantesimo di qualche paradiso marino più o meno perduto o anche solo sognato. Invece no, le cose bisogna prendere di petto e allora l’inizio è una rogna come la bonifica e gli intoppi d’un “Sin”, un sito d’interesse nazionale in cui il pacchetto di vincoli, pur con le migliori intenzioni di salvaguardia, di fatto si traduce nella paralisi di ogni investimento.

L’imprenditorre marittimo-portuale Piero Neri alla testa del gruppo di famiglia
Vedi alla voce: bonifica
La strada per uscirne hanno provato a indicarla Leonardo Gonnelli (Comune di Livorno), Laura Ginocchi (Confindustria) e Mattia Mannocci (Ambiente spa). Stiamo parlando di un problema che risale all’indietro nel tempo per quasi un quarto: la soluzione, e qui tutti incrociano le dita, sembra esser arrivata con l’accordo di programma del 14 marzo scorso. Beninteso, – lo dice la conduttrice Ilenia Reali, che ha guidato il dibattito con ironia e leggerezza – che di accordi di programma son piene le fosse, ma stavolta potrebbe farcela a risolvere una bega insolubile: come imputare a ciascuna impresa proprietaria di un terreno in zona da bonificare l’intervento su un bacino sotterraneo di acque che passano dall’una all’altra proprietà infischiandosene dei perimetri catastali? Soluzione: pensando a tutta l’area come alle parti comuni di un condominio. E cominciando da lì a costruire il resto, come puntualizzano Gonnelli e Ginocchi. A Mannocci invece il compito di presentare una tecnologia, il “capping sottomarino”, sperimentato in concreto su un’area di Bagnoli.
Non esistono soluzioni preconfezionate
Il punto è presto detto: si parte dallo stato di cose presente anche là dove i problemi sembrano titanici. Lo dirà il comandante Enrico Mucci (Fratelli Neri) con la cultura aziendale imperniata sul recupero marittimo: «Quel che è in mare s’ha da fare, c’è “solo” da ingegnarsi come: non esistono soluzioni standard, anche dal punto di vista concettuale sei sempre di fronte all’incognito del mare aperto».
Da tradure così: di fronte a una nave da recuperare o da salvare, non puoi aggiustartela come più ti garberebbe, devi prenderla com’è e avere il coraggio di inventare il modo di uscirne. L’esperienza del “Costa Concordia” al Giglio insegna, ma ti sono “maestri” anche l’attuale tentativo di recupero di una nave davanti alle coste apuane («dovevamo svuotarla per evitare il rischio di sversamenti e l’abbiamo fatto creando una depressione, la difficoltà stava nel fatto che abbiamo dovuto srotolare 320 metri di manichetta»). Inventarsi il modo di farcela comunque: come quando, racconta ancora Mucci, «siamo stati scelti dall’agenzia spaziale per recuperare una navicella cosmica, avevamo come competitore la Marina militare degli Stati Uniti, mica il signor nessuno…».

Un panel tutto al femminile: da sinistra, Simona Giovagnoni (Ansep Unitam), il capitano di fregata Silvia Brini (comandante della Capitaeria di Viareggio), Cinthia De Luca (Autorità di Sistema Portuale di Livorno e Piombino) e la moderatrice del dibattito, Ilaria Reali, giorrnalista del Tirreno
La quotidianità, oltre l’emergenza
L’altro tassello del puzzle, sotto il segno della cultura professionale aziendale, la mette il cavalier Piero Neri, al timone del gruppo di famiglia: «C’è il momento in cui siamo chiamati all’emergenza dell’intervento ma, prima dell’eccezionalità, c’è una quotidianità fatta di sette giorni alla settimana 24 ore su 24 sotto l’indirizzo della Guardia Costiera. Bisogna farci trovare pronti: ogni volta che serve, cioè sempre». Lo conferma l’ammiraglio Giovanni Canu, tornato a Livorno da comandante del porto (e direttore marittimo della Toscana) dopo gli anni di gioventù all’Accademia Navale: «La salvaguardia del mare è fatta del costante lavoro silenzioso giornaliero». Per farlo c’è bisogno anche di tenere in “allenamento” la “macchina”: ecco che il capitano di fregata Silvia Brini, comandante della Capitaneria di Viareggio, ricorda l’ultima esercitazione condotta con simulazioni a base di lolla di riso e popcorn.
Non è tutto. Lo stato delle cose presente sta nella descrizione della “salute” del mare per come riusciamo a misurarla con il “termometro” delle rilevazioni chimiche e biologiche, «anche usando bioaccumulatori come i mitili», spiega Stefano Santi (Arpat). Salta fuori come, da un lato, l’identikit biologico mostri un’elevata qualità in gran parte dei 19 punti di monitoraggio, dall’altro, in mare si ritrovino tutta una sfilza di inquinanti come gli idrocarburi policiclici aromatici, le microplastiche e i pesticidi, solo per citarne alcuni. Con un dogma scientifico: quel che esiste prima o poi finisce in mare, e ha una persistenza tale che se ne trovano tracce anche per molti anni dopo l’eliminazione dall’uso.
La campagna contro le cassette di polistirolo
A tal riguardo, un esempio lo fa Francesca Neri (Neri Group): parte dal flash di quattro mozziconi «visti là fuori» per ricordare che «l’80% di essi finirà in mare e dovremo fare i conti con il fatto che per vederli degradare occorreranno 15 anni». Idem con Valentino Chiesa (Marevivo): a Viareggio l’associazione ha iniziato una campagna che toccherà anche Livorno e altre realtà costiere per spingere i pescatori a lasciare le cassette di polistirolo e adottarne altre durature («in un anno sono state risparmiate in un solo porto 35mila cassette e se pensiamo che ogni cassetta può sbriciolarsi in un milione di palline…».
Il sindaco Luca Salvetti la inquadra in un contesto locale che guarda al futuro con ottimismo. «Se guardiamo all’indietro è vero che c’è voluto tanto tempo per arrivare all’accordo di programma, ma ora è ora e la svolta è già qui: a cominciare dalla maxi-Darsena che si sta per realizzare e da una nuova stagione di attenzione al turismo».

Il sindaco livornese Luca Salvetti e, a sinistra, l’europarlamentare fiorentino Dario Nardella (Pd)
In dialogo con la Commissione europea
Ha al fianco l’europarlamentare Dario Nardella che rivendica anche lui una svolta: nel rapporto fra l’area di Firenze e la costa, in primis Livorno. Poi lo inserisce dentri la cornice di una nuova pagina dell’Europa: «In passato troppo sbilanciato a favore degli scali nordeuropei, ora si vede una disponibilità diversa nell’atteggiamento verso la sponda mediterranea». E in proposito annuncia che accompagnerà il sindaco livornese in un colloquio a tu per tu con il direttore generale (italiano) della nuova direzione generale per il Mediterraneo e a cercare un confronto con l’eurocommissaria Dubravka Suica che la nuova delega al Mediterraneo (Suica ha mandato un messaggio in occasione della Biennale livornese).
Si è parlato di impegno di tutela declinato sul versante della quotidianità? Cinthia De Luca (Authority) fissa lo sguardo sui rifiuti per spiegare bene di cosa si parli in concreto. Anche di fronte all’emergenza: come nel novembre 2023 quando all’interno degli specchi acquei del porto finiscono da terra per i nubifragi «qualcosa come 200 tonnellate di detriti, cioè sei-sette volte quel che accadeva in un’annata normale».
Le regole che si smentiscono a vicenda
Non è l’unico problema. Simona Giovagnoni (Ansep Unitam) svela i paradossi che complicano la vita: ad esempio, la direttiva Marpol e la normativa nazionale si “parlano” poco su come catalogare certi rifiuti da differenziare, e questo finisce per mettere l’uno contro l’altro i sistemi di regole, magari riguardo alla raccolta di plastiche. Già complicato di per sé, visto che la plastica in mare si impregna di sale creando molti problemi nel trattamento tramite impianti. Non solo: una plastica rimasta a lungo in mare si ricopre di concrezioni e questo ingarbuglia ancor di più le cose, come ricorda l’assessora Giovanna Cepparello (avvertendo che, in questo specifico settore, il riciclaggio «non va oltre il 18%»). E ancora: i rifiuti pescati in mare sono assimilati ai rifiuti urbani, il risultato è che per assurdo se il pescatore si ritrova nelle reti un flacone di plastica (o, più probabilmente, una dozzina) è più pratico ributtarlo in mare se non vuole impazzire con il dribbling fra le regole. Questo almeno finché la ragionevolezza non ha portato a una novità in cui è stato parte in causa anche un progetto-pilota livornese.
I pescatori acchiappa-plastiche
Lo racconta Massimo Nicosia, che di Labromare è presidente e amministratore delegato: «Tutto prende le mosse quando le bustine dei supermercati vennero messe a pagamento. La Coop era intenzionata a mettere a disposizione quei ricavi per finanziare un progetto ecologico. Noi di Labromare con Capitaneria, Regione Toscana, Authority e Revet l’abbiamo creato attorno ai pescatori perché diventasse per loro una risorsa anziché un problema tirare su le plastiche dal mare». Adesso ne indica altri due: l’uno dedicato alla ripulitura dell’ambiente dalle reti disperse in mare; l’altro relativo al recupero di idrocarburi dalle acque grazie anche a una startup.
Cepparello segnala intanto che il Comune di Livorno ha varato da anni una ordinanza che vieta l’utilizzo di plastiche monouso (posate e piatte, cioè non indispensabili come certi imballaggi farmaceutici). E per le feste di compleanno, come arrangiarsi? Lei suggerisce: al centro del riuso troverete piatti di plastica melaminica riusabili.
Mauro Zucchelli