Nonostante dazi e guerre, il commercio marittimo mondiale è in aumento
Italian Seafarers: «E nel Mediterraneo cresce più del doppio che altrove»
ROMA. Per quanto «dazi, guerre e forti tensioni geopolitiche» possano turbare il clima politico-economico internazionale, il commercio marittimo mondiale non smette di crescere: più 2,1% nel 2024 con i traffici che hanno raggiunto i 12,6 miliardi di tonnellate. Neppure le previsioni a breve termine segnano una aspettativa di arretramento, anche se il ritmo di incremento atteso è «più contenuto»: più 0,2% per quest’anno e più 1,5% per il prossimo.
Italian Seafarers è un progetto degli armatori confindustriali di Confitarma che mira a promuovere tra le nuove generazioni le professioni marittime: parte dall’identikit disegnato nell’ultimo report “Italian Maritime Economy” a cura del centro studi Srm (galassia Intesa San Paolo) per sottolineare che anche dentro questo contesto di incertezza, «il Mediterraneo conferma la propria centralità come snodo globale»: anzi, nei suoi 25 porti principali si sviluppa più del doppio dello standard globale visto che tutti insieme hanno «movimentato complessivamente 62 milioni di teu nel 2024, con una crescita del 5,1% rispetto all’anno precedente».
«Il mare rimane un motore di crescita e un’opportunità straordinaria per chi sceglie di formarsi e lavorare in questo settore», viene sottolineato chiarendo che Its, Accademie e percorsi professionali offrono ai giovani «la possibilità di entrare in un comparto che è eccellenza del nostro Paese e punto di riferimento nel mondo». Aggiungendo: «Le onde della geopolitica cambiano direzione, ma la rotta per chi sceglie una carriera marittima resta chiara: il futuro del mare si costruisce oggi, insieme a voi».
In particolare, guardando alle componenti di quest’orizzonte di crescita viene puntualizzato quel che è accaduto sul fonte delle “autostrade del mare”: il traffico marittimo a corto raggio ha raggiunto nel 2024 «il massimo storico con quasi 628 milioni di tonnellate, di cui ben 302 milioni movimentate dall’Italia». Cioè: «Il nostro Paese si conferma così leader assoluto in questo segmento, fondamentale per i collegamenti intra-mediterranei e per la competitività dell’intero sistema logistico», si mette in evidenza da parte di Italian Seafarers.
È vero, – viene fatto rilevare – che la crisi di Suez si è concretizzata nel fatto che il Canale ha visto «un calo dei traffici senza precedenti: tra gennaio e maggio 2025 il volume medio giornaliero è sceso del 18% rispetto al 2024 e addirittura del 70% rispetto al 2023». Ma non c’è solo quello: il commercio globale «ridisegna le catene logistiche» e, in risposta alla “Via della seta” di marca cinese, gli Stati Uniti stanno promuovendo il corridoio della “Via del cotone” che «collega l’India al Mediterraneo attraverso la penisola arabica». È una direttrice globale che si stima «potrebbe generare tra 170 e 200 miliardi di euro di scambi commerciali verso l’Europa, segnando l’avvio di una nuova fase di regionalizzazione del commercio».
In questo quadro il progetto di Confitarma avverte che «la portualità italiana mostra resilienza e capacità di adattamento: nel 2024 i nostri scali hanno movimentato 481 milioni di tonnellate di merci (più 0,7%) e 11,7 milioni di teu (più 6,5%)». Con una sottolineatura: si conferma «la fiducia dei grandi vettori internazionali che mantengono l’Italia nei loro principali servizi».
È da aggiungere che sempre più spesso emerge che i porti «non sono soltanto nodi di traffico merci ma veri “poli” energetici: terminali per pipeline e carburanti alternativi, nonché centri di sviluppo per le rinnovabili». Il Gnl – viene ribadito – è oggi «la scelta più diffusa (36,8%), ma cresce rapidamente la quota del metanolo e l’interesse per nuove soluzioni a basse emissioni, a dimostrazione di come il trasporto marittimo guardi con decisione alla transizione ecologica».
Quanto al «futuro da costruire insieme», i promotori del progetto di Confitarma vedono nel report di Srm una rotta precisa basata su «intermodalità, sostenibilità e innovazione» come elementi-chiave per «rafforzare la competitività italiana, con oltre 12,5 miliardi di euro di investimenti» messi in agenda dal “documento di economia e finanza”, l’ex Dpef, che indica per il 2025 i piani del governo centrale.