Il rebus della Pierburg in vendita, sciopero di un’ora a fine turno
Il gruppo tedesco si sta riorganizzando attorno alle produzioni militari

La sede Pierburg, Livorno
LIVORNO. Il mugugno e il disappunto dei lavoratori dello stabilimento livornese di Pierburg si è trasformato in concreta iniziativa di lotta sindacale: oggi, giovedì 6 niovembre, è prevista un’ora di sciopero ad ogni fine turno di lavoro. Ad annunciarlo è il sindacato di fabbrica, la Rsu Pierburg. Nel mirino è il fatto che l’amministratore delegato di Rheinmetall, la capogruppo che controlla anche la fabbrica livornese di via Salvatore Orlando, ha inviato a tutti i dipendenti una lettera in cui «celebra esclusivamente il settore difesa e gli investimenti in armamenti e sistemi militari» mentre, al contrario, «ignora completamente i lavoratori dei settori civili/automotive, tra cui lo stabilimento di Livorno con 245 dipendenti».
Per la rappresentanza sindacale questa comunicazione è stata «inopportuna e parziale»: non fa altro che dar «risalto ai profitti finanziari e militari, ma non riconosce il contributo e la sicurezza occupazionale dei lavoratori civili, che fino ad oggi hanno garantito profittabilità all’azienda».
Bisogna comprendere però il contesto: non si tratta di una sgrammaticatura in rapporti sereni o un problema di “galateo” in relazioni sindacali più o meno normali. La lettera cade in un periodo in cui la Germania, in crisi nell’industria metalmeccanica che l’ha resa una grande potenza economica exportatrice, cerca una soluzione in una sterzata in direzione di un posizionamento internazionale più “militare” e in una riconversione verso produzioni manifatturiere più orientate al settore armamenti. Il colosso Rheinmetall, che è un gigante di prima grandezza in questo campo, ha deciso di giocare sulle produzioni militari il proprio sviluppo e ha stabilito di ritirarsi dal settore auto (e, più complessivamente, delle produzioni civili). Con una conseguenza: stabilimenti come quello di Livorno sono in vendita. I lavoratori chiedono garanzie per evitare di finire in uno “spezzatino” finanziario: lo sciopero di giovedì 6 sta in questo contesto.











