Riecco i pirati al largo della Somalia (e in una zona finora tranquilla…)
Mentre Suez si fa in quattro per accreditare che tutto è tornato normale

Attacco di pirati a una nave in transito al largo delle coste africane
LIVORNO. Torna la stagione degli attacchi di pirati alle navi al largo della Somalia: la petroliera “Hellas Aphrodite” è stata assaltata da un gruppo di pirati. Appartiene alla flotta della società Latsco Shipping Ltd, compagnia di origine greca con quartier generale nel Principato di Monaco, a due passi dallo stadio. La compagnia dà conferma dell’episodio: la nave, che trasportava un carico di benzina, era partita da Sikka (India) a Durban (Sudafrica). È stata presa di mira mentre era in navigazione a una distanza di 560 miglia nautiche a sud-est di Eyl, in Somalia, nell’Oceano Indiano: praticamente più vicino alle isole Seychelles che alle coste africane. È una zona che, secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, negli ultimi cinque anni non aveva vissuto niente del genere.

Pirati in azione al largo della Somalia
Secondo quanto riferisce “Lloyd’s List”, che segnala negli ultimi giorni si sono susseguiti analoghi tentativi di assalto, più o meno andati a segno: l’ultimo di essi ha preso (invano) di mira un’altra petroliera lunedì scorso, sempre al largo della Somalia. Il quotidiano inglese specializzato in campo marittimo – quasi una bibbia del settore – ripete che «vi sono prove crescenti di una ripresa della minaccia per la pirateria che può vantare collegamenti con al-Shabaab e gli Houthi».
La società armatoriale segnala che «tutti i 24 membri dell’equipaggio sono al sicuro»: è stato attivato il team di pronto intervento e si sta coordinando con le autorità competenti così da riuscire a «garantire costantemente la sicurezza dell’equipaggio», precisando però che, proprio «per motivi di sicurezza», per adesso non saranno fornite «ulteriori informazioni».
A quanto è stato possibile ricostruire riguardo al momento dell’attacco, il comandante della petroliera ha notato una piccola imbarcazione in avvicinamento sul lato di dritta. È stata tentata una manovra per sviare la minaccia, si è accelerata a 14 nodi la velocità ma non è servito a niente. Anche perché risulta che la petroliera non avesse a bordo forze di sicurezza che la potessero difendere: soprattutto a rendere la linaccia particolarmente incombente è il fatto i pirati disponevano di mitragliatrici e di lanciarazzi. Siccome l’equipaggio si era rinserrato nella “cittadella sicura”, gli assalitori ne avrebbero bersagliato la porta con i colpi di un “Rpg”: dopo diverse ore, i marittimi hanno alzato bandiera bianca. Non manca qualche reportage in cui si indica l’esistenza di una nave iraniana nelle vicinanze della zona dell’attacco alla petroliera: se ne è ricavato che facesse da nave-appoggio per i pirati ma non è chiaro in base a quale tipo di informazioni.
“Lloyd’s List” ritiene che un blitz con rapimento e riscatto sarebbe «più in linea» con il modus operandi che viene utilizzato nel Golfo di Guinea, la zona di mare che di recente ha rimpiazzato la Somalia come “culla” della pirateria su scala globale.
Il giornale specializzato britannico ricorda peraltro che la pirateria somala è in declino quantomeno dal marzo dello scorso anno: ogni riferimento al blitz con cui la Marina militare indiana salvò 17 marittimi non è affatto casuale, e anche in quel caso stavamo parlando di una nave battente bandiera maltese.
Quest’ultimo attacco piratesco arriva negli stessi giorni in cui l’Authority del Canale di Suez, per iniziativa del suo amministratore delegato ammiraglio Ossama Rabiee, ha cercato sponda nello stato maggiore del gruppo Maersk, numero due al mondo fra le flotte di navi portacontainer, per riportare le loro navi a transitare in tutta normalità dal Canale così da poter affermare che l’area è tornata sicura, e dunque si possono sgonfiare le tensioni, il sovrapprezzi assicurativi e tutto quel fiorire di guai che hanno spinto numerosi armatori a scegliere altre rotte. Con altrettanta energia era stata smentita la notizia relativa al blocco di una nave per mano dell’Authority egiziana: Rabiee l’ha derubricata a una bega fra operatori. Da tradurre così: il Canale è tornato alla normalità, non abbiate paura a tornare
Non è una questione che interessa solo il povero ammiraglio egiziano, che le sta inventando tutte pur di far girare gli affari di Suez e portare ossigeno alle casse statali. Suez è uno snodo geopolitico fondamentale nel far prevalere questa o quella rotta fra le grandi direttrici planetarie dei flussi di merci: a maggior ragione per il Bel Paese, che ha tutto da perdere in caso di nuovo intoppo nel mar Rosso e dintorni.
C’è da tener presente anche un altro genere di scenario: l’eventuale ritorno via Suez taglierebbe fuori l’idea di far arrivare in Europa le merci facendo la circumnavigazione dell’Africa. Ma se il collegamento fra Estremo Oriente e mercati europei tornasse a completarsi con parecchi giorni di meno non ci ritroveremmo con una sovracapacità dell’offerta di stiva e, di riflesso, un contraccolpo sui noli? Vabbè, non cominciamo a fare fanta-economia in fanta-logistica…
Mauro Zucchelli











