L’inquinamento acustico e i cetacei

Nell’immagine: Una grafica semplificata del tema.
GENOVA – Sta per ripartire, con l’avvicinarsi della stagione della migrazione delle balene verso il “santuario” del Nord Tirreno, la campagna di avvistamenti e monitoraggi dei cetacei con la collaborazione delle principali compagnie dei traghetti.
E con gli esperti che s’imbarcano, ma anche con gli appassionati dati naturalisti, riprende la campagna per la salvaguardia dei cetacei sui nostri mari: mari particolarmente frequentati da navi e imbarcazioni, con una serie di disturbi da non sottovalutare per gli abitanti del mondo subacqueo.
La principale minaccia per i cetacei – riferisce un rapporto dell’associazione ambientalista Marevivo – è l’inquinamento acustico: tutto il rumore che l’uomo immette nell’ambiente marino che deriva per la maggior parte dalle imbarcazioni (generato sia dalla chiglia che colpisce la superficie dell’acqua, sia dal motore) e specialmente dalle navi. Se esiste anche il pericolo di collisione da parte delle navi di balene che dormicchiano in superficie, caso tutt’altro che raro, specie nella bella stagione l’inquinamento acustico risulta di gran lunga più pericoloso, perchè ormai presente in tutti i mari italiani, in particolare vicino alle coste e sulle rotte con le isole maggiori. È noto che i cetacei, sia quelli maggiori che i più piccoli e diffusi come i delfini e le stenelle, si servono di delicatissimi apparati acustici per identificare le prede e i propri simili: i rumori “Innaturali” generati dalle attività umane sono spesso devastanti per i loro apparati e possono anche portare alla morte, come è stato riscontrato analizzando le carcasse di balene comuni, di delfini e di globicefali spiaggiate.