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LIVORNO: IL FUTURO E' QUI

Maxi-Darsena a un passo dal punto in cui non si torna più indietro

Il rischio di una guerra fra big (e il pericolo di restare con un pugno di mosche)

LIVORNO. La poltronissima di numero uno dell’Authority labronica è quasi vacante come il papato: il presidente-commissario uscente Luciano Guerrieri è in realtà vivo e formalmente in carica ma sa già che per il prossimo quadriennio il ministero (e forse un po’ storcendo il naso anche la Regione Toscana) puntano su Davide Gariglio. E anche la maxi-Darsena non vede ancora il via ai lavori per costruire le nuove dighe a mare. Però nel frattempo sulla Darsena Europa che verrà si scatena il duello fra i due big: da un lato, Msc che, insieme a Neri e Lorenzini, si è fatta avanti per essere individuata come partner nel rapporto pubblico-privato e, con un ingente investimenti con tanti zeri, realizzare il futuro terminal contenitori ottenendone in cambio la concessione; dall’altra, Grimaldi che ha acquistato dai fondi internazionali Tdt, il terminal container già esistente sulla sponda ovest della Darsena Toscana.

L’infinita serie di “buchi” in cui vengono collocati i “dreni” per permettere di drenare l’acqua e consolidare i piazzali

La novità è che negli ultimi giorni qualcos’altro sembra essersi messo in moto dopo che è stato sgomberato il campo dal gran discutere sull’utilizzo provvisorio dei primi due piazzali così che le casse statali possano introitarne l’ “affitto” (qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima sul “mistero buffo della fretta che rallenta tutto”). Sarebbe tanto semplice: si fa la comparazione (o quel che sia) per selezionare l’investitore privato che completerà la Darsena Europa e, appena aggiudicato, paga il canone: anziché, inventarsi una procedura in parallelo ma anticipatrice che ne prenda un pezzo, quello pronto, e lo si dia in assegnazione temporanea. Fino a?

Ma a questo punto Grimaldi si fa avanti con una proposta che ridisegna il “campo di battaglia”: chiede per sé una metà della futura Darsena Europa (con l’acquisizione di una banchina di 600 metri e di piazzali per  194mila metri quadri, probabilmente nella zona lato Darsena Petroli) e annuncia di voler ridare indietro in Darsena Toscana, per il tramite di una modifica della concessione demaniale esistente, quasi mezzo chilometro di banchina e 150mila metri quadri di aree. Talmente vicine alla parte nord di quella zona di Darsena Toscana che successivamente potrebbero far gola al terminal Sdt, l’ex alleanza fra Sintermar e Tdt in cui  Grimaldi figura doppiamente socio (qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima che ne dà conto)

Il quotidiano livornese “Il Tirreno” fa il suo mestiere e ascolta la reazione della comunità portuale, peraltro in forma confidenziale. Tre le ipotesi raccolte. La prima: Sdt si allarga parecchio e segue le “autostrade del mare” mentre Grimaldi si affaccia ai contenitori cercando un po’  di spazio nella maxi-Darsena, comunque quanto basta per ridurre alla metà il rivale di sempre. La seconda: è solo un altro round di una complicata trattativa fra due pesi massimi. La più inquietante è la terza: anziché un interesse reale, è un tentativo di entrare in scivolata sui piedi del bomber avversario che si invola verso la concessione o comunque verso il lancio della comparazione. Quella richiesta di dividere a metà la Darsena Europa – è riassumibile così l’argomentare del giornale – rischia di essere una zeppa soprattutto riguardo all’evoluzione del porto di Livorno più che relativamente agli affari di Aponte.

Gianluigi Aponte, fondatore del colosso Msc

Questa ricostruzione però ha fatto infuriare il quartier generale di Grimaldi, che la definisce «totalmente infondata e lesiva degli interessi di Livorno e del suo porto». Lo ribadisce rivendicando di essere «di gran lunga il primo cliente, il primo investitore nonché il primo datore di lavoro del porto [di Livorno]» (e, detto per inciso, di non essere affatto l’ultimo degli arrivati nella movimentazione contenitori, visto che da quando è in Tdt ha in mano «attualmente circa due terzi del traffico container dell’intero scalo labronico»).

Acquisire solo metà maxi-Darsena? La compagnia napoletana guidata da Emanuele Grimaldi ribatte così: «Il gruppo Grimaldi ricorda di aver già manifestato la piena disponibilità ad acquisire l’intera Darsena Europa». Se si è, in prima battuta, limitata l’attenzione a «una parte di essa» è in nome della disponibilità a capire anche le esigenze altrui («unicamente da ricollegare alle manifestazioni di interesse già  avanzate da un altro grande operatore»). Ne consegue cosa? «Ciò ha indotto il gruppo partenopeo, responsabilmente e nell’interesse del porto e della sua pluralità operativa, a proporre una suddivisione equilibrata della futura area portuale».

Grimaldi tiene ad allontanare l’ombra di voler compiere solo un’azione di disturbo: al contrario, è stato «avviato un percorso legale solido, con un progetto di finanza di impresa già pronto»: e qui si sottolinea che è «in linea con indicazioni pienamente condivise con il ministero delle infrastrutture e dei trasporti». In mano a quel Matteo Salvini, che proprio a Livorno agli inizi di marzo 2021 era venuto a “benedire” come ospite d’onore la nuova nave Grimaldi “Eco Livorno”.

«Il piano economico-finanziario dettagliato e asseverato da un partner bancario primario e riconosciuto è già stato presentato per garantire la sostenibilità e la velocità dell’intervento». Obiettivo: un «contributo concreto, sia in termini di investimenti diretti che di solidità industriale, per una ridefinizione strategica e funzionale degli spazi destinati ai diversi traffici all’interno del porto di Livorno». In nome di una ottimizzazione dell’uso delle «infrastrutture esistenti e future», «favorendo una razionale specializzazione delle aree portuali che consenta di massimizzare l’efficienza operativa e migliorare l’intermodalità per le esigenze del mercato globale».

Emanuele Grimaldi, numero uno della compagnia armatoriale di famiglia, a bordo dell’Eco Valencia a Livorno

Difficile che però l’idea di dividere la Darsena Europa in due “terminal a metà” possa reggere agli occhi della cordata di Msc con il gruppo Neri e il Lorenzini Terminal. Non ci vuol molto a capire che con due piccoli terminal al posto di uno grande: 1) Livorno non avrebbe un terminal leader in grado di fare da punto di riferimento su scala mediterranea, ma solo realtà dimensionate su rango poco più che regionale; 2) i ricavi presumibilmente si rivelerebbero ben al di sotto di quanto necessario per far quadrare i piani economici.

Questo è un assetto che forse potrebbe essere anche accettabile per un grande operatore ro-ro che da non molto si affaccia sul mercato dei traffici contenitori, è arduo che possa esserlo per la prima flotta portacontainer al mondo, cioè Msc, che ha una flotta di 800 navi, una capacità di trasporto di 6,5 milioni di teu e più del 20% del mercato complessivo. Da tradurre con una congettura: se sbarca a Livorno è prevedibile che voglia farlo per l’intero terminal, cioè per uno standard di movimentazione alquanto al di sopra del milione di teu.

La storia è già apparecchiata: una bella “spending review” bis che, attorno al dogma della stagnazione dei traffici complessivi nei porti italiani, taglia qualcosa. Qualcosa cosa? Non importa l’aiutino da casa per capire che ce la metterebbero tutta da Roma per chiudere l’operazione maxi-Darsena: magari la farebbero diventare la scelta d’una sorta di “congregazione” dei presidenti delle Autorità di sistema oppure espungendo l’operazione Darsena Europa dai poteri dell’Authority. Solo che dopo averci portato via i soldi delle ferrovie già deliberati nella precedente legislatura, poi ci porterebbero via anche quelli del completamento della maxi-Darsena.

Resterebbero sì un po’ di piazzali in più, ma senza risolvere la strozzatura dei fondali: dunque saremmo tagliati fuori dalle portacontainer oltre i 9mila teu, niente possibilità di agganciarsi alle direttrici con l’Estremo Oriente e legami solo con gli Usa (con tutta la vulnerabilità che comporta nell’era Trump, che non è solo dazi ma di fatto una stretta sulle importazioni pur di rianimare l’esangue sistema manifatturiero Usa). Avremmo fatto tutto questo bailamme per incassare tutt’al più una limitata espansione degli spazi, ma senza la possibilità di far arrivare a maturazione il senso vero di questa scelta strategica: spostare il terminal contenitori dandogli fondali adeguati e avere le aree dove poter riarticolare la geografia interna del porto con una nuova mappa degli utilizzi, a partire dalle “autostrade del mare”.

Dovesse farcela a scansare trappole e sgambetti, il futuro presidente Davide Gariglio dovrà arrivare forse con l’elmetto e la durlindana ma anche il talento del cardinal Richelieu. Oltretutto siamo in una fase in cui il governo è a metà del guado perché, per un verso, sogna la “riforma della riforma della riforma” e, per un altro, vuol rimettere mano agli equilibri di poteri fra Roma e territori. Ovviamente avocandosene a sé il più possibile (un federalismo a corrente alternata: autonomia differenziata quanta ne fa piacere al Nord opulento, invece centralizzazione statalista per spianare le Autorità di sistema portuale dove devi scendere a patti con il centrosinistra).

Il sindaco livornese Luca Sakvetti (a destra) insieme al presidente-commissario dell’Authority Luciano Guerrieri durante un recebte sopralluogo alla vasca di colmata

L’ultima sottolineatura dedicata a quest’aspetto riguarda la distinzione fra l’Authority come istituzione portuale e la struttura commissariale che si occupa della Darsena Europa: già ora sono distinte e Luciano Guerrieri guida l’una come l’altra, nell’ente ha come braccio destro il segretario generale Matteo Paroli e nell’altro campo conta su Roberta Macii come subcommissaria. Adesso – la questione l’ha posta con chiarezza Carlo Ghiozzi (Lega) nell’ultimo consiglio comunale a Livorno, l’hanno ripresa in parte altri esponenti dell’opposizione –  è indispensabile comprendere se e quanto saranno cose del tutto distinte, anche al vertice. Cioè: Gariglio si occupi dell’Authority, la Darsena Europa sarà in mano a qualcun altro di nomina esclusivamente governativa.

È quello che chiede Ghiozzi ma anche il sindaco Luca Salvetti, alla testa di una giunta di centrosinistra, non si è detto contrario. Bisogna vedere se è una scelta tecnico-manageriale fatta d’intesa o se sarà uno strappo e serve soprattutto a sfilare all’Authority (e al suo presidente incaricato dem) praticamente la sua stessa ragion d’essere, cioè l’opera principalissima del suo porto più importante. Intanto, però, la Darsena Europa potrebbe vedere «fra pochissimi giorni» la posa della prima pietra delle dighe a mare: ecco, le dighe sono «il punto di non ritorno», come dice Salvetti. Quando sei arrivato lì, non c’è più niente e nessuno che ti può far tornare indietro. Eccoci, siamo a un passo.

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
3 Maggio 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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