Con la prua a cupola la nave del futuro cambia identikit
Gli studi di aerodinamica per risparmiare carburante (e ridurre le emissioni)
LIVORNO. Sarà per via della competizione sempre più forte che obbliga a risparmiare sul costo del carburante. Sarà per la spinta alla decarbonizzazione che punta il dito contro lo spreco di combustibile da parte delle flotte: del resto, trasportano via mare più dell’80% delle merci che viaggiano da un capo all’altro del mappamondo. Sarà perché c’è una crescente attenzione alla progettazione degli scafi e all’aerodinamica che rimette in discussione la forma standard delle navi. Fatto sta che sta cambiando il volto delle navi: in sala macchine ma anche rimodellando l’identikit della prua per ridurre al minimo la resistenza dell’aria allo spostamento della nave e dunque alla potenza necessaria ai propulsori (e perciò ai consumi di carburante).
Un bel risparmio per gli armatori, non c’è che dire. Ma anche per l’ambiente. I cronisti se lo sono sentito dal numero uno di una grande flotta come Emanuele Grimaldi: l’armatore è il primo a voler ridurre i consumi (e dunque le emissioni di inquinanti nell’atmosfera) – questo il filo rosso del suo argomentare – e lo fa in nome del proprio mestiere, cioè per ridurre i costi. È uno dei comandamenti di efficienza che si è data la sua compagnia all’insegna dello “zero emissioni in porto” nelle navi di ultima generazione. Anche nella presentazione delle proprie unità entrate in servizio di recente, viene messo l’accento pure sull’idrodinamica (e sulla facilità di penetrare con la prua dentro la massa d’acqua).
Qualcosa del genere a quel che si è visto già nell’ultima America’s Cup con gli scafi che limitano al minimissimo la resistenza idrodinamica volando sull’acqua grazie a una sorta di doppia pinna che li trasforma in una specie di velivolo a pelo d’acqua. Conviene ascoltare come la racconta, in modo divulgativo, uno specialista della velocità come Dainese tramite il suo “Journal”: «Grazie alla presenza di appendici mobili, i foil, gli scafi escono completamente dall’acqua, diminuendo l’attrito e aumentando la velocità» (fin quasi a toccare i 100 chilometri orari).
Si mette l’accento sulle imbarcazioni di America’s Cup per richiamarne lo «sviluppo vertiginoso» che «le ha portate, nel giro di pochi anni, dall’essere monoscafi tradizionali ad essere dei monoscafi volanti». Un monoscafo volante ha soprattutto una peculiarità: è «dotato di “foil”, appendici mobili comandate da un sistema idraulico e posizionate sui lati dello scafo che, creando portanza, permettono alla barca di alzarsi e di uscire letteralmente dall’acqua, lasciando immerse solamente le parti terminali dei “foil” stessi, o di uno di essi, e il timone». Dal punto di vista ingegneristico-scientifico, è un principio fisico uguale a quello che «sta alla base del volo degli aerei». Tradotto: il foil immerso in acqua «si comporta come un’ala fa nell’aria».

La barca “vola” sull’acqua grazie ai “foil”
Può essere questa una caratteristica exportabile negli scafi di navi cargo o portacontainer? Ovviamente no: una portacontainer da 20mila teu come la Msc Oscar (2015) ha una portata lorda poco sotto le 200mila tonnellate…
Non resta che agire, per dirne una, sul disegno della prua che fende l’acqua: un aspetto che balza agli occhi anche di uno sguardo profano. A tal riguardo vale la pena di notare la fisiognomica di alcune fra le ultime navi portacontainer entrate in servizio di recente.
La stampa brasiliana ha dato conto agli inizi dello scorso anno dell’arrivo nei porti carioca di una portacontainer della compagnia francese Cma Cgm, la “Bahia”, appena uscita da uno dei cantieri della galassia China State Shipbuilding: lunga quasi 340 metri, 129mila tonnellate di stazza lorda, capacità di carico di 13mila teu e doppia alimentazione gasolio-gnl.
In realtà, fin qui non c’è niente di eccezionale: la cosa che ha notato anche chi non distinguerebbe una petroliera da un traghetto merci è la prua sormontata da un grande deflettore: una doppia “ala” che devia il vento dal fronte verticale di un “muro” di container impilati l’uno sull’altro. Secondo gli ingegneri, dovrebbe far scendere almeno del 2% i consumi di carburanti, forse perfino del doppio, come riportato da “Informazioni marittime”.

La prua nuovo tipo della “Bahia”, una nave della flotta francese Cma Cgm
Ma non c’è solo questo tipo di soluzione: è possibile accorgersene dagli studi della Shibaura Institute of Technology, ateneo giapponese, citati da “Meccanicanews”, il portale di innovazione scientifico-tecnologica dell’editore milanese Tecniche Nuove: «Simulazioni di fluidodinamica computazionale (Cfd) rivelano che le coperture di prua a piastra piatta possono ridurre fino al 42% la resistenza del vento sullo scafo delle navi».
Il pool di cooperazione internazionale fra ricercatori (Ngoc-Tam Bui, prof assistente presso il College of Systems Engineering and Science dello Shibaura Institute of Technology, insieme a Ngo Van He e Ngo Van Hien, prof associati dell’Hanoi University of Science and Technology) ha messo a confronto varie tipologie delle coperture della parte anteriore dello scafo limitando la resistenza alla penetrazione della nave nell’aria. Risultato: le coperture di prua a piastra piatta sulle navi «possono ridurre la resistenza al vento fino al 42%, permettendo un enorme risparmio di carburante». Tale riduzione della resistenza dell’aria è attorno al 39% nel caso di una copertura di prua alta poco meno di due metri e mezzo rispetto a una alta 37 centimetri.
L’attenzione all’aerodinamica come strategia per abbassare i consumi di carburante (e ridurre tanto i costi che l’impatto climatico del trasporto marittimo) è al centro degli studi degli esperti di mezzo mondo. Kewei Xu, ricercatore postdoc in tecnologia marina presso il Dipartimento di meccanica e scienze marittime del Politecnico svedese Chalmers di Goteborg, di fronte ai taccuini dell’Agi fa il caso di un calo della resistenza aerodinamica di una nave pari al 7,5 per cento. «Per una petroliera che va dall’Arabia Saudita al Giappone, ciò significherebbe una riduzione del consumo di carburante di circa dieci tonnellate».

Questa è una delle navi portacontainer dell’alleanza giapponese One: anch’essa ha la prua con il deflettore anti-vento
Non è la “Bahia” l’unico caso di prua di portacontainer con deflettore: gli “acchiappa-navi” ricordano, ad esempio, la “One Trust” nel novembre di tre anni fa dalle parti del porto britannico di Southampton. L’ha “catturata” su Youtube il canale Cruise Ship Profiles che rammenta come l’alleanza di marca giapponese One abbia sperimentato già nel 2015 qualcosa di vagamente simile sulla “One Marvel”, una portacontainer lunga 300 metri e una capacità di 6.700 teu; in quel caso, si potrebbe aggiungere, la prua con il deflettore anti-vento assomigliava parecchio al disegno di quella delle navi porta-veicoli.
Ci sarebbero talmente tante altre cose da dire che non sarebber sufficiente un volume della Treccani. Adesso però, a scompaginare un po’ di più la fisiognomica standard delle navi come le abbiamo fin qui conosciute, arriva la Hapag Lloyd denominata “Genova Express”. La novità la segnala Angelo Roma, consulente marittimo e vicepresidente dell’Interporto Vespucci alle spalle di Livorno: il deflettore in questo caso è una strana cupola tondeggiante che sormonta la prua. L’ha costruita il cantiere coreano di Hanwha Ocean, uno dei classici giganteschi conglomerati coreani, che ha inglobato l’ex polo navalmeccanico Daewoo (e che con Hyundai e Samsung compone il tridente che sembra dominare l’economia di Seul).

Nella nave “Genova Express” di Hapag Lloyd la prua aerodinamica è stata realizzata in forma tondeggiante
Sui propri social Hanwha Ocean descrive il deflettore come un «parabrezza» e questo, come se fossimo su un Honda Sh, rende bene l’idea di cosa sia. È curioso che una innovazione tanto appariscente sia stata salutata sui social da meno applausi di quanti ne ricaverebbe un cappuccino con la schiuma a cuore: 29 “mi piace” su Facebook e su Instagram 457 cuoricini più una dozzina di commenti. Almeno finché non è finita su Linkedin per mano di Yang Chen, il numero uno di “Xinde Marine News”, giornale on-line da 400mila abbonati specializzato nell’economia del mare, fra cantieri, porti e navi: in un giorno più di 2mila “like” e il rimbalzo in Occidente.
«Questa nave sembra… insolita? Ma è costruita per il futuro», dice Yang Chen parlando di questa “mega-max” che è alimentata a gnl: un colosso con una capacità di quasi 24mila teu, 399,9 metri di lunghezza e 24 file di contenitori allineati in larghezza, 1.500 prese per container frigo. Già queste cifre dicono che mica tutti i porti possono permettersi di accoglierla. Ma se, giura lui, «sta attirando l’attenzione di tutto il settore» non è per via del solito gigantismo navale formato 5XL. E allora? Come detto, «basta guardare la prua».
“Genova Express” – spiega – è la penultima nave di una serie di dodici “mega-max” a gnl e «presto entrerà a far parte del servizio Asia-Europa “NE1”» della Gemini Cooperation, l’alleanza fra due big come Maersk e Hapag Lloyd. L’ultima sottolineatura di parte cinese: «Con sempre più compagnie che puntano all’efficienza operativa e al tecnologia verde, la “stranezza” potrebbe diventare la nuova normalità».
Mauro Zucchelli

“Genova Express”: la prua a cupola vista di lato