Così l’Adriatico si immagina come mare-ponte verso l’Est
A 25 anni dalla "diplomazia delle comunità locali" fra le due sponde

Il mar Adriatico fra le due sponde, quella italiana e quella degli stati dell’area balcanica (Risposte Turismo)
ANCONA. L’idea di «avvicinare le due sponde dell’Adriatico e dello Ionio» creando «un circolo virtuoso nei rapporti fra gli Stati dell’area» e un incremento delle relazioni economiche e turistiche. Preso dalle parole del presidente dell’Authority marchigiana, Vincenzo Garofalo, è questo l’identikit della “dichiarazione di Ancona”, una sorta di iniziativa diplomatica nata fra le istituzioni regionali e locali del lato italiano e di quello greco-balcanico nel 2000, dopo che per alcuni anni l’area dell’ex Yugoslavia era stata devastata da una guerra ora dimenticata, visto che continuiamo a dire che l’Europa dopo la seconda guerra mondiale ha vissuto per 75 anni in pace.
Quanto ce ne sarebbe bisogno adesso di quello spirito: «L’Adriatico è un globo in miniatura», pare l’abbia detto l’analista geopolitico Robert Kaplan, stregato da questo mare-ponte ma ancor di più dalla multipolarità delle città e dei territori così differenti.
Questa svolta nei rapporti fra Europa e mondo balcanico, nel nome di un allargamento dell’Unione europea alle regioni coinvolte nel conflitto (e, prima ancora, dalla volontà di far collaborare istituzioni e comunità che fino a quel momento si conoscevano poco) è stata celebrata in un evento alla Mole Vanvitelliana di Ancona ad opera della Regione Marche, il Comune di Ancona, la Camera di Commercio delle Marche e l’Authority marchigiana. In tandem con l’Iniziativa Adriatico Ionica, l’organismo che ha sede a Ancona e che è figlio di questa stagione di diplomazia dal basso, fra le comunità territoriali, che era stata avviata da un vertice nel ’99 fra i sindaci delle due sponde adriatiche: si era concretizzata poi con la firma, alla presenza del Presidente della Commissione europea Romano Prodi, di quest’alleanza strategica da parte dei ministri degli esteri dei sei paesi fondatori (insieme all’Italia, la Grecia, la Bosnia Erzegovina, la Croazia, l’Albania e la Slovenia); entreranno in seguito Serbia, Montenegro, San Marino e Macedonia del Nord).
È stata questa l’antesignana della strategia europea che individua alcune macroregioni che, senza strutture proprie, senza legislazione propria e senza modifiche di confini, facilitano l’intreccio fra realtà: la prima nel 2009 con l’area baltica, due anni più tardi l’individuazione della macroregione danubiana, nel 2014 quella Adriatico Ionica e nel 2015 quella alpina.

La cerimonia a Ancona per il 25° anniversario della “Dichiarazione di Ancona” e dell’Iniziatuva adriatico-ionica
A giudizio del presidente della Regione Marche, Francesco Acquaroli, per quanto in 25 anni il mondo sia radicalmente cambiato, si sono comunque costruite «una squadra e una visione», messe insieme «realtà che seppur prossime non erano in grado di conoscersi e di approfondire le rispettive potenzialità e la reciprocità di cui non possiamo assolutamente fare a meno». Stiamo parlando – questa la sua argomentazione – di come «un’area di 70 milioni di abitanti possa avere uno sviluppo economico e possa avvicinare culturalmente e non solo, le rispettive comunità», e anche come sia diventata «un punto di riferimento al livello politico e geopolitico, economico e sociale, dove costruire insieme alla nuova generazione una opportunità condivisa».
Per il sindaco anconitano Daniele Silvetti quell’iniziativa va nel segno della pace ma non solo: anche dello sviluppo di territori mediante la crescita infrastrutturale e la creazione di una identità nazionale sana, orientata cioè all’integrazione invece che al conflitto.
Il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico centrale, Vincenzo Garofalo, mette l’accento su «25 anni di attività diplomatica e intergovernativa con un forte impulso dalle comunità locali», in cui la Regione Marche ha giocato e gioca un ruolo primario per creare nuove condizioni di coesistenza e pace attraverso il mare e che ha portato alla nascita della Macroregione». Fra i pilastri della macroregione c’è l’economia del mare: Garofalo ha dunque buon gioco nel sottolineare come il trasporto marittimo sia «fra gli attori della strategia macroregionale, che ha fra i suoi obiettivi la crescita “blu” dell’economia del mare, delle connessioni e delle infrastrutture».
Al di là dei «grandi risultati» raggiunti, Garofalo guarda a quel che rappresenta il fatto che «le nuove reti Ten-T, approvate dalla Commissione europea, hanno scelto di includere anche i territori dell’area balcanica, ancora non parte della Ue»: è un corridoio – si afferma – che «connette i principali nodi terrestri sulla direttrice nord-sud e delle diramazioni di collegamento con i principali porti fino alla Grecia: un’opportunità per compiere ulteriori passi avanti nella modernizzazione e integrazione delle reti infrastrutturali».