Il miracolo dei porti: riescono a crescere nonostante guerre e dazi
Cinque anni vissuti pericolosamente dal Covid in poi: eppure…
NAPOLI. Potrebbe essere la tempesta perfetta, lunga più della Grande Guerra: il Covid che mette il mondo in lockdown e fa saltare le catene logistiche di approvvigionamento della manifattura; l’impennata dei noli e la cancellazione delle partenze che creano sconquasso nel mercato globale delle merci; il riaffacciarsi del fantasma della guerra in Europa con l’aggressione russa all’Ucraina; la fine del gas russo a basso prezzo che schianta la locomotiva tedesca d’Europa e la riduce all’ombra di sé stessa; il Medio Oriente in fiamme a Gaza e in Cisgiordania ma anche in Siria, in Libano, in Iran e nello Yemen; l’imporsi del trumpismo sulla scena del mondo con dazi a casaccio negoziati con il bazooka sul tavolo.
Ce ne sarebbe abbastanza perché ciascuna economia scegliesse di rannicchiarsi nel proprio guscio e decidesse di mettersi al riparo perché, prima o poi, forse poi, “ha da passa’ ‘a nuttata”. Peggio che una glaciazione sui porti: l’export ostacolato per cercare di rimpannucciare la competitività degli Stati Uniti sul fronte dell’industria manifatturiera dei settori tradizionali, i porti visti come il “cavallo di troia” che fa entrare le merci nemiche, l’interscambio internazionale che minaccia di rattrappirsi quantomeno per prudenza prima di beccarsi due sberle.
E invece no: i porti non si sono rattrappiti per nulla. Anzi, perfino in questa fase infame sono riusciti globalmente a mettere nero su bianco nel grafico un segno “più”. Già, nonostante strilli di dazi e venti di guerra, in Italia crescono i traffici marittimi (più 0,7%). Potremmo dire che è a malapena un terzo della crescita del commercio mondiale via mare (più 2,1%): ma significherebbe andar a cercare il solito pelo nel solito stramaledetto uovo. Il dato è questo: perfino in una annata in cui ci si sarebbe immaginati di essere in presenza di tutte le condizione del Grande Freddo sui traffici marittimi, ecco che la portualità si mostra resiliente e in grado di reggere l’urto di tanti, troppi guai.
Di più: se anziché al tonnellaggio complessivo dell’intera gamma di merci guardiamo ai soli traffici container, ecco che l’incremento risulta assai meno limitati (siamo a quota 11,7 milioni di teu con una crescita di sei punti percentuali e mezzo). Certo, c’entra l’exploit di Gioia Tauro ma allora perché non ricordare l’annata no di tutta la fascia adriatica? Non è che forse l’idea di un mercato inevitabilmente a crescita zero è soprattutto nella testa di chi lo immagina? Basti dire che, perfino nell’anno in cui passare da Suez è stata un’avventura, in qualche misura il Mediterraneo è riuscito a mantenere un ruolo di rilievo centralità: i primi 25 porti del Mediterraneo hanno totalizzato nel 2024 traffici per 62 milioni di teu, la crescita del 5,1% non sarà travolgente ma fra crisi tedesca e Canale a singhiozzo si poteva temere ben di peggio.

Una delle slide della presentazione di Alessandro Panaro durante l’evento dedicato al dossier Srm
Tutto questo salta fuori dal dossier di Srm, centro studi che orbita nella galassia di Intesa Sanpaolo ed è sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo: il report si intitola “Italian Maritime Economy” e con cadenza annuale tasta il polso all’Italia che, dicevano una volta, è un molo proteso nel Mediterraneo. C’è anche un’altra sottolineatura che arriva dal team di ricerca: quella del Bel Paese viene indicata come una «tra le economie più aperte del mondo»: mettendo insieme quanto vale l’export e quanto l’import, eccoci che la loro somma è il 54,3% del Pil, una proporzione quasi senza eguali. Con gli Usa primo partner commerciale nel nostro export (37,4 miliardi) e secondo mercato di import, dopo la Cina (con 10,6 miliardi).
C’è dell’altro: presentando il proprio report, Srm indica che l’Italia è protagonista sul fronte delle “autostrade del mare”: il traffico marittimo a corto raggio nel Mediterraneo – viene fatto rilevare – ha raggiunto con «quasi 628 milioni di tonnellate movimentate a livello europeo» il «dato più alto di sempre»: e se pensiamo che il nostro Paese ne ha sbarcate/imbarcate 302 milioni di tonnellate, si capisce come mai siamo i primi della classe in Europa in questo campo.