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PARLANO LE CIFRE

Crisi del commercio: a Livorno sparita una ditta su 10 negli ultimi 4 anni

Numeri choc, ma uguali nel resto di Toscana e d’Italia: fine di un modello

LIVORNO. Nella prima metà del decennio scorso l’analisi trimestrale delle vendite al dettaglio mise in fila 27 trimestri con il segno “meno” nell’andamento tendenziale su base annua: nessuna apocalisse choc e nemmeno percentuali che indicassero improvvisi crolli catastrofici, e però 27 trimestri significano poco meno di sette anni. Sette anni senza vedere la luce. Tradotto: benché la stima fosse un po’ spannometrica, si poteva immaginare che la “torta” del commercio locale si fosse ridotta d’un buon 30 per cento.

Non solo: Livorno è rimasta, nella “coda” di quel periodo, come un caso unico nella galassia delle trenta città “fotografate” dall’Istat in fatto di caro vita misurato in sede locale. Risultato: per più di un anno, un mese dopo l’altro, a Livorno l’inflazione ha avuto il segno “meno”. Parrebbe a colpo d’occhio qualcosa di positivo ma non lo è affatto: basti pensare cosa succede se anche fra chi ha qualche soldo si contagia la paura di spendere. L’economia si blocca e alla fine la domanda di beni pure. Ma la domanda è debole non solo per timore: lo è anche perché i soldi proprio non girano, e il sistema va in affanno.

Ma tutto questo è ancora solo l’antefatto. È sufficiente guardare il grafico di Movimprese, l’analisi statistica sulle imprese nate e quelle morte che con cadenza trimestrale InfoCamere realizza per il sistema di Unioncamere. Eccolo che disegna l’evoluzione del numero di ditte del settore commercio in provincia di Livorno dal 2010 in poi: nei primi sei anni la traiettoria è ancora all’insù. Magari per mille motivi. Ad esempio: guai a sottovalutare quanto fosse complicato trovare una occupazione in un ente pubblico in anni di sostanziale blocco delle assunzioni o quanto fosse difficile scovare uno sbocco nel lavoro dipendente in una azienda privata, dunque al migliaio di giovani che ogni anno a Livorno città si affacciavano al mondo del lavoro non restava che arrangiarsi. Anche “inventando” l’idea di mettersi in proprio in una qualche attività commerciale.

Però quel grafico racconta anche qualcos’altro: dice che fino al 2016 cresce il numero delle ditte nel settore commercio in provincia di Livorno. Fino a raggiungere quota 6.445. Da lì in poi è un declino che nell’ultima fase pare quasi un ruzzolone: complessivamente si perde poco più di un migliaio di aziende nel settore commercio al dettaglio, nel giro di otto anni e mezzo – alla fine dello scorso giugno – arrivano a essere 5.413. Sparita una su sei (meno 16,0%). No, non stiamo parlando di quelle che hanno chiuso: nella fisiologia delle “nascite” e delle “morti”, cioè le imprese che all’anagrafe della Camera di Commercio si sono appena iscritte o hanno appena cessato l’attività, le aziende che hanno tirato giù la saracinesca sono molte ma molte di più. E, appunto, molte altre sono “nate”. Mille in meno significa che si è rattrappita la galassia delle imprese attive a Livorno e provincia nel settore commercio: più che la nati-mortalità fisiologica, è una strage.

Si è detto che dal 2016 il grafico volge verso il basso. È vero a metà: nel 2021 c’è una sorta di sussulto verso l’alto, le aziende del settore commercio crescono. Dello 0,9% ok, ma crescono. Detto per inciso, ci sarebbe pure da ricordare di che razza di annata stiamo parlando? Siamo nel bel mezzo del periodo più buio dell’emergenza Covid: è probabile che gli aiuti del governo abbiano fatto pensare a qualcuno di ritardare la chiusura, chissà. Fatto sta che per l’ecatombe delle ditte del commercio nel territorio livornese è avvenuta dopo il 2021: 644 imprese in meno in appena quattro anni. Una su dieci, anzi qualcosa di più (10,6%).

Drammatico, vero? Abbastanza. Ma, se alziamo lo sguardo al di fuori dei confini provinciali, le cose non vanno poi tanto diversamente. Per dirne una: in provincia di Pisa nell’arco di un decennio – cioè a partire dal 2015 anziché dall’anno successivo – il numero delle realtà imprenditoriali del commercio al dettaglio è sceso giù da 6.875 a 5.279, quasi 1.600 in meno. Come dire: l’arcipelago dei “negozi” si è ridotto quasi di un quarto (meno 23,2%), e negli ultimi quattro anni di 12 punti percentuali. Peggio di Livorno: e non è affatto mal comune mezzo gaudio, è il segno della crisi di un mondo prima ancora che di un territorio.

La riprova? Ce lo dice quel che è accaduto su scala regionale in questi ultimi 9-10 anni. Nel 2016 si contavano 56.044 ditte alla voce commercio al dettaglio, a fine giugno scorso erano quasi 10mila in meno (9.890). Cioè: dal 2016 è sparito il 17,6% delle aziende di questo spicchio dell’economia (peggio che a Livorno), negli ultimi quattro anni è scomparso il 10,5% delle ditte (pressoché esattamente come a Livorno).

Idem in campo nazionale: il calo dal 2016 a oggi è del 15,8% nell’insieme dei cento campanili del Bel Paese (e del 10,6% negli ultimi quattro anni). Praticamente in linea con il dato di Livorno e provincia.

Dobbiamo tirare un sospiro di sollievo se Livorno non è l’ “isola infelice”. Mica tanto: il presente dice che come “spugna” occupazionale neanche il commercio regge più tanto, bisognerà inventarsi qualcos’altro per trovare di che portare pane e companatico a casa. All’ombra dei Quattro Mori, ai piedi della Torre Pendente, sotto la Cupola del Brunelleschi o comunque, un po’ più un po’ meno, da Courmayeur a Pantelleria.

Pubblicato il
26 Agosto 2025
di Mauro Zucchelli

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