«Noi porti del Sud “poli” per l’import di energia rinnovabile dal Nord Africa»
L’Authority di Palermo: transizione ecologica, servono infrastrutture flessibili
PALERMO. La produzione europea di energia pulita «potrebbe non essere sufficiente», dunque i porti del Mediterraneo («in quanto frontiera meridionale dell’Unione Europea») sono «destinati a giocare un ruolo strategico quali “poli” per l’importazione di energia rinnovabile dal Nord Africa». È uno degli aspetti che l’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia occidentale dal proprio quartier generale di Palermo he messo in evidenza partecipando alla consultazione pubblica, promossa dall’Unione Europea, per la definizione del piano di investimenti dedicato al trasporto sostenibile, con particolare attenzione a porti e aeroporti.
Benché non esplicitato, il riferimento è presumibilmente all’ipotesi, rimbalzata non solo sui social ma anche fra i decisori politici, di un utilizzo del forte irraggiamento sociale della fascia sahariana. Da un lato, c’è chi sottolinea che, essendo il deserto del Sahara, esteso per oltre 9 milioni di chilometri, cioè più del doppio dell’intera Unione Europea, basterebbe una porzione limitata per ricavare enormi quantità di energia (a tal riguardo circola in rete la tesi del 2005 di una ricercatrice tedesca ritwittata, manco a dirlo, anche da Elon Musk); oltretutto in localizzazioni che non dovrebbero scontrarsi con la presenza di insediamenti, proprietà, vincoli. Dall’altro, al di là di ogni considerazione sugli effetti ambientali che potrebbe avere un impianto di anche solo di centinaia di chilometri quadrati, un esercito di dubbiosi e perplessi indica nella sabbia che coprirebbe i pannelli, negli ingentissimi costi di manutenzione e nelle dispersioni durante il trasporto le principali criticità che rendono l’idea poco realizzabile e anche poco efficace nel concreto.
L’Authority palermitana ricorda di aver presentato le proprie indicazioni «in coerenza con il percorso di interlocuzione avviato negli anni all’interno del Corridoio Scan-Med: ribadisce di averlo fatto «in collaborazione con associazioni di settore, tra cui l’European Sea Ports», cioè l’organizzazione di categoria che raggruppa le istituzioni portuali a livello continentale, e informando Assoporti del contenuto delle proprie indicazioni.
Nel documento – viene fatto rilevare – l’istituzione portuale dell’Ovest Sicilia ha evidenziato «la necessità di accelerare l’implementazione delle normative già esistenti, come FuelEu Maritime e Afir «evitando l’introduzione di nuovi oneri regolatori». A ciò si aggiunga l’esigenza di «fornire indicazioni strategiche rispetto alle necessità infrastrutturali, tutelando la diversità dei porti»: a tal riguardo viene segnalato che ciascuno scalo ha «specificità uniche» e gli investimenti vanno indirizzati «verso infrastrutture flessibili, capaci di supportare la transizione ecologica e un portafoglio diversificato di carburanti (Gnl e bio-Gnl, metanolo, E-Fuels, ammoniaca, idrogeno, ecc.).
Una ulteriore sottolineatura è stata dedicata dall’Authority palermitana all’«urgenza di strumenti finanziari innovativi da parte dell’Unione Europea»: c’è da colmare il divario di costo che «rappresenta oggi il principale ostacolo allo sviluppo sostenibile». Nello specifico, l’Autorità di Sistema Portuale siciliana sostiene «la richiesta, condivisa a livello europeo, di promuovere accordi di “offtake” (prezzi stabiliti per un determinato numero di anni) a lungo termine e meccanismi fiscali differenziati che incentivino l’uso di energia pulita».