Le api “sentinelle” della salute ambientale in mezzo ai siti industriali
Collocate 31 arnie in due aree produttive del gruppo Seipa
ROMA. L’immagine tradizionale vede le api volare di fiore in fiore, invece ve ne sono altre che hanno “casa” accanto a silos, impianti di produzione e discariche. Avviene anche nel caso di Seipa, anch’essa potrebe avere un identikit tradizionale avendo alle spalle qualcosa come «57 anni di esperienza nella gestione dei rifiuti inerti». Eppure ora Seipa è impegnata su vari fronti legati alla sostenibilità («dal recupero e riutilizzo dei materiali inerti alla depurazione delle acque, dalla produzione di calcestruzzi innovativi al rispetto del territorio in cui opera»). Ma le api, cosa c’entrano? C’entrano, eccome: Seipa ha deciso di «ospitare famiglie di api all’interno dei propri siti produttivi, in aree verdi appositamente predisposte». Non una iniziativa estemporanea o un fiore all’occhiello messo un po’ lì a caso: è in linea con l’attenzione alla sensibilità
Dal quartier generale dell’azienda informano che «le arnie sono in tutto 31, suddivise in tre gruppi distribuiti su due diversi siti aziendali, entrambi legati ad attività di discarica». Due dei tre gruppi sono collocati in uno dei due siti, mentre il terzo si trova nell’altro: le arnie – si sottolinea – sono «curate da apicoltori specializzati e sono state posizionate in aree protette, tranquille, dove le condizioni ambientali permettono di offrire un rifugio sicuro a questi insetti fondamentali per gli equilibri naturali».

Il progetto – viene messo in evidenza – assume particolare valore in un momento in cui, secondo i dati Ispra, «oltre il 40% degli impollinatori europei è a rischio estinzione» e «una specie di ape su dieci è minacciata», mentre «l’impollinazione garantisce l’80% delle colture e genera un valore stimato in 22 miliardi di euro l’anno per l’agricoltura europea di cui 3 miliardi di euro solo per l’Italia; mentre a livello globale si parla di 153 miliardi di euro» (dati Ispa e Fao). Stando a quanto indicato nel rapporto Crea, in Italia «ci sono 1,6 milioni di alveari e oltre 22mila aziende agricole produttrici di miele». Già questi numeri sono importanti ma, come viene ribadito dall’azienda, «le api sono sentinelle ambientali, accoglierle nei nostri siti significa promuovere un modello di industria più consapevole». Per il gruppo imprenditoriale romano, nel progetto emerge «un gesto concreto e simbolico insieme: un segnale di come sia possibile coniugare produzione e tutela dell’ambiente».
Un’arnia, in fondo, è «molto più di una struttura: è un indicatore di salute ambientale», dicono da Seipa. Ma rappresenta – viene fatto rilevare – «anche una promessa silenziosa, capace di raccontare un nuovo modo di pensare il lavoro, la produzione e la relazione con il territorio».
«Abbiamo voluto integrare il nostro concetto di sostenibilità con un’azione semplice ma dal grande valore simbolico e ambientale» spiegano gli esperti del gruppo Seipa. «Le api —continuano— sono sentinelle della salute ambientale. Accoglierle all’interno della nostra area produttiva significa non solo creare un legame con la natura, ma anche promuovere un modello di industria più consapevole e armonico».
L’azienda tiene a mettere in risalto che la decisione di accogliere le api all’interno di due siti aziendali è la prova del nove che «anche in contesti industriali complessi è possibile aprirsi a nuove prospettive ambientali», facendo spazio a pratiche che «favoriscono la biodiversità e assumono un significato più profondo: non solo ambientale, ma anche culturale e simbolico».
La sostenibilità non è uno slogan, dice Seipa: «L’introduzione delle arnie – si afferma – vuole essere un segno concreto di questa coerenza: un gesto misurabile, visibile, reale. Un modo per affermare che anche l’impresa, nel suo operare quotidiano, può fare spazio a una visione del futuro più equilibrata, rispettosa e attenta». Aggiungendo poi: «Vogliamo che le nostre api diventino ambasciatrici del cambiamento, capaci di ispirare nuovi modi di fare impresa in equilibrio con l’ambiente».











