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CENTRO STUDI CCIAA

Economia del mare, il pezzo di Livorno che cresce: cosa c’è dietro le quinte

Porto, cantieristica, turismo: occupati e valore in ascesa. E intanto il resto va giù

LIVORNO. Basterebbe un solo grafico, dentro le 46 pagine dell’intero dossier firmato dal centro studi della Camera di Commercio, per capire quanto l’economia del mare pesi all’interno del nostro sistema provinciale: in fatto di valore aggiunto – il “metro” che si avvicina di più a misurare la ricchezza di un territorio – non esiste nessun’altra provincia in cui la quota di “economia blu” sia così elevata, se si eccettua il caso particolarissimo di Trieste in cui l’87% degli abitanti di tutta la provincia (e quasi la metà dei chilometri quadrati) è concentrato nella città capoluogo.

A parte Trieste, che è anche un porto importante, non c’è nessun territorio in tutto il Bel Paese in cui praticamente dipenda dall’economia del mare un euro ogni cinque (18,7%) che girano nelle arterie di tutto il sistema. Del resto, a pensarci bene: non esiste neanche nessun’altra provincia che abbia due porti di rilevanza nazionale come Livorno e Piombino (fino a nove anni fa due autorità portuali distinte fra le 23 esistenti); in nessun’altra provincia la mappa del territorio si allunga come una striscia di battigia e solo una minima parte dista dal mare più di dieci miglia; in nessun’altra provincia l’estensione della linea di litorale è così alta rispetto all’estensione del territorio; in nessun’altra provincia davanti alla costa c’è un arcipelago così esteso. Anche se, detto per inciso, non è granché convincente il teorema per cui questa montagna di valore aggiunto farebbe girare i soldi in modo che si può stimare arrivi a coinvolgere quasi la metà dell’economia locale, in nome di un moltiplicatore.

Basterebbe però quella slide: anche soltanto quella fra le molte proiettate negli Hangar Creativi del lungomare livornese alle spalle dell’economista Raffaella Antonini (centro studi Cciaa), del sindaco di Livorno Luca Salvetti e del presidente della Camera di Commercio di Livorno e Grosseto, Riccardo Breda. Basterebbe anche da sola, ma ce ne sono molte altre. A cominciare dal grafico che indica la percentuale di imprese collegate alla blue economy, cioè relative alla movimentazione marittimo-portuale di merci e passeggeri, all’apparato turistico marittimo (hotel,  ristoranti, bar, pub, pizzerie…), alla cantieristica navalmeccanica e nautica, alla pesca e alle attività estrattive, alla ricerca scientifica e alla tutela dell’ambiente marino, alle attività sportivo-ricreative. Come dire: tutto l’arcipelago di attività economiche che hanno a che fare con il mare.

Ad esempio, i posti di lavoro che abbiano una connessione con  il mare: pochissimo al di sotto di quota 23mila. Cioè: il 17,1% del totale dell’economia provinciale. Anche in questo caso, in seconda posizione nella graduatoria nazionale: alle spalle di Rimini (19,2%) ma davanti a grandi capitali della storia marinara come Genova (16,5%) e Venezia (15,4%).

Ad esempio, le imprese esistenti che risultino in collegamento con il mare: 4.444 in tutto. Quasi una su sette: 13,9%. Quanto basta per mettere Livorno sul podio anche nella classifica degli oltre cento campanili d’Italia: al terzo posto, però. Dietro La Spezia (17,7%), e Rimini soffia a Livorno la seconda posizione praticamente d’un niente.

Da sinistra: Riccardo Breda (presidente della Camera di Commercio), Raffaella Antonini (economista del centro studi dell’ente camerale), Luca Salvetti (sindaco di Livorno) alla presentazione del report

Si capisce dunque perché in occasione della presentazione del report economico si sia dedicato ampio spazio alla Biennale del mare (ce ne occuperemo a parte); si capisce perché il presidente dell’ente camerale, Riccardo Breda spenda le conclusioni per ribadire, da un lato, che questi numeri sono la leva per risollevare la Costa dalle proprie difficoltà e, dall’altro, per mettere l’accento sul fatto che la Toscana ha lato mare un polo metropolitano in grado di essere locomotiva anziché eterno malato.

Questi numeri hanno il pregio di scattare una immagine dello stato delle cose meglio di una fotocamere da un botto di megapixel. Però il report dell’ente camerale si prende la briga anche di misurare quanto le cose stiano cambiando. Non è pura curiosità statistica: salta agli occhi che l’economia blu ha una vivacità decisamente al di sopra di quella del resto dell’apparato economico locale.

Cominciamo dal valore aggiunto (risale al 2023 l’ultimo annata completa disponibile): in provincia di Livorno la “fetta” di ricchezza proveniente dalla blue economy è aumentata del 13,1% negli ultimi dodici mesi considerati, due volte e mezzo quel che accade all’insieme dell’economia.

Le cose si fanno ancor più evidenti se si “pesa” l’andamento dell’occupazione: nel territorio provinciale livornese i posti del lavoro “targati” economia blu sono cresciuti in un anno del 6,8% mentre nel resto dell’economia è andata in direzione opposta, se è vero che nel totale del sistema economico diminuisce di quasi due punti percentuali (meno 1,8%).

Anche se guardiamo al numero delle imprese gli andamenti sono in direzione opposta: cresciute in un anno del 2,3% il numero delle aziende legate al mare, in calo dell’un per cento invece le ditte negli altri settori.

 

Tutto rose e fiori? Le magnifiche sorti e progressive formato blue economy? Fino a un certo punto: per accorgersene bisogna dare un’occhiata al raffronto con gli incrementi che si registrano rispetto a dodici mesi prima: emerge  che fra le “imprese blu” la tendenza alla crescita è forte a Livorno ma è più forte altrove. In materia di posti di lavoro: più 6,8% in provincia di Livorno, al di sotto di quel che accade su scala nazionale (più 7,7%) e a livello regionale (più 9,1%). In termini anche di valore aggiunto: se veder incrementata del 13,1% la ricchezza prodotta dall’economia blu in provincia di Livorno, è comunque un po’ meno veloce che nel resto della Toscana (più 15,0%) e in campo nazionale (più 15,9%). Le percentuali hanno un segno un po’ differente se si passa a esaminare il numero delle imprese: aumentate del 2,3% in provincia di Livorno, meglio del dato toscano (più 1,7%) e del dato nazionale (più 2,1%).

Peraltro, tanto per avere un paragone con un’altra provincia costiera com’è Grosseto, anch’essa sotto i riflettori: su tutti e tre i fronti la provincia maremmana se la cava meglio di quella labronica. Dal lato delle imprese: un terzo di punto in più in termini di imprese, quasi nove punti e mezzo in più in fatto di valore aggiunto, poco meno del doppio in materia di occupati (più 12,9% contro più 6,8%).

È da tener presente, però, anche la lettura che dà l’economista del centro studi, Raffaella Antonini, riguardo a qualche segno “meno”: dietro c’è la ristrutturazione di settori a suon di aggregazioni, magari per fare massa critica e raggiungere una dimensione tale da acquisire maggiore solidità e capacità di investire. Da aggiungere anche l’accenno a qualcosa di difficile da comprendere per chi sta al di fuori di una città portuale: a Livorno – dice Antonini – la logistica da sola, cioè traffici portuali e dintorni, «genera quasi il 44% della ricchezza prodotta dalla blue economy e impiega un lavoratore su quattro del settore».

Mauro Zucchelli

 

 

 

Pubblicato il
26 Settembre 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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