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TRASPORTI VIA MARE

Il report dell’Onu: crescita fragile, colpa di costi e geopolitica

Pesano i venti di guerra, i guai di energia e materie prime, gli intoppi della transizione “verde”

GINEVRA. Il trasporto marittimo sta entrando, a livello globale, in «una fase di crescita fragile, costi crescenti e incertezza geopolitica»: un «chiaro avvertimento» che arriva dalle parole della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, meglio nota con l’acronimo inglese Unctad. È la newsletter dell’Interporto di Bologna a rilanciare l’analisi dell’organismo internazionale che tiene gli occhi spalancati sulle dinamiche economiche su scala planetaria, con un occhio di riguardo ai Paesi in via di sviluppo. Le analisi sono condensate nella “Review of Maritime Transport”, report fondamentale per il settore logistico e marittimo.

Dopo «una ripresa apparsa solida nel 2024», il commercio marittimo – viene fatto rilevare – sta mostrando «segni di rallentamento: le previsioni per il 2025 indicano un incremento marginale dei volumi (appena più 0,5%) mentre il rapporto tonnellate-miglia – la reale unità di misura dell’effettivo lavoro delle navi – è «cresciuta del 6% lo scorso anno», spinte da «deviazioni su lunghe distanze causate da tensioni geopolitiche».

Il report segnala che «anche le rotte tradizionali si stanno riconfigurando»: porti storicamente di riferimento «vengono espunti dalla lista delle chiamate, viaggi più lunghi e costi operativi in costante aumento». In particolare, pesa la voce delle assicurazioni.

Vengono messi «sotto pressione» i settori dell’energia e delle materie prime. Anche il trasporto di beni legati all’energia è «in piena trasformazione»: le politiche che spingono per la decarbonizzazione portano a un calo dei volumi di carbone e petrolio, al contrario il gas naturale «continua a guadagnare mercato». È da aggiungere che, in parallelo, i minerali critici come le “terre rare” («fondamentali per batterie, tecnologie rinnovabili e digitali») stanno diventando «un nuovo terreno di competizione globale, che vede il loro trasporto marittimo in forte crescita, ma accompagnato da tensioni commerciali e strategie di approvvigionamento sempre più aggressive».

Quanto alle tariffe di trasporto marittimo, si rileva che «sono sempre più volatili, ostaggio del perenne confronto con un’era decennale di stabilità ormai del tutto spazzata via». Dopo «una serie di eventi incendiari che hanno rappresentato delle cuspidi inattese» con «picchi improvvisi nei costi di trasporto» – ad esempio la crisi del Mar Rosso nel 2024, per dirne una – il fatto che le tensioni nel corso del 2025 non si siano allentate bensì, invece,  siano diventate «persistenti» (in particolare «attorno alla scena israeliana e iraniana») alimenta «una costante paura di nuove interruzioni».

Non basta: tutta la situazione degli ultimi tre anni deve vedersela anche con la «già sconvolgente dinamica della guerra tra Russia e Ucraina». Impallinati i transiti nel Mar Nero con «rialzi di base dei traffici internazionali per via delle sanzioni contro la Russia».

Terzo tassello del puzzle: c’è da mettere nel conto anche «i costi di conformità ambientale, come la tassazione sulle emissioni, che stanno ridefinendo l’economia del trasporto marittimo. Per dirne una: i Paesi in via di sviluppo, «in particolare gli stati insulari e meno avanzati», sono i più esposti a queste pressioni.

Fin qui si è fatto riferimento al trasporto marittimo, ma anche le infrastrutture a terra, cioè i porti, hanno «anch’essi i loro grattacapi: molti soffrono per le congestioni e i tempi di attesa crescenti». Da parte del report Unctad si sollecitano «investimenti in automazione, facilitazione del commercio e partnership pubblico-private». Con una sottolineatura: l’avanzare della digitalizzazione rende fondamentale l’attenzione alla cybersicurezza come «priorità strategica per la resilienza delle infrastrutture logistiche».

Altra questione da non sottovalutare è la sostenibilità: lo scorso anno le emissioni di gas serra del settore marittimo hanno avuto un incremento «del 5%» e non più dell’8% del tonnellaggio mondiale è «attrezzato per carburanti alternativi» con la riconversione delle navi che tuttora «resta marginale»..

Pubblicato il
1 Ottobre 2025

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