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AGROALIMENTARE

Vola la “Dop economy” della Toscana: più 18,4% per l’export in dodici mesi

Al secondo posto per incidenza dell’agricoltura bio, donne alle guida di un terzo delle imprese

Paesaggio della campagna toscana, zona San Quirico d’Orcia

FIRENZE. La “Dop economy” toscana mette le ali: l’export, in tandem con quello delle produzioni Igp, vola a quota 94 milioni di euro con «una crescita del 18,4% solo nell’ultimo anno». È il fiore all’occhiello all’interno di una produzione agroalimentare toscana che complessivamente è indirizzata ai mercati esteri per un valore di 4 miliardi di euro: rappresenta il 6,3% del totale di quel che la Toscana vende all’estero. Di più: negli ultimi 5 anni ha raggiunto l’11,2% il tasso annuo medio di crescita dell’export agroalimentare toscano. Con una sottolineatura: vino e olio extravergine d’oliva sono i prodotti di punta, tant’è che costituiscono ciascuno il 32-33% dell’export e, già da soli, se presi insieme valgono due terzi del valore esportato in tutto il mondo. In particolare: negli Stati Uniti (27%), in Germania (14%) e in Francia (9,7%), ma anche «i Paesi del Nord Europa e dell’Asia orientale tendono a rafforzarsi».

Parola del report “La Toscana Dop Igp” che Ismea ha messo a punto per la settima edizione di “BuyFood Toscana”, vetrina internazionale del gusto made in Tuscany: i risultati sono stati messi in vetrina a Firenze nel workshop “AgroToscana: identità, territori, mercati”, alla Palazzina Reale di Santa Maria Novella. Nella presentazione è stato messo in risalto che «la Toscana si conferma regione leader per numero di registrazioni con 90 tra Dop e Igp, di cui 32 prodotti alimentari e 58 vini». Limitatamente al comparto cibo, la regione fa registrare un valore della produzione pari a 192 milioni di euro (più 7,4% su base annua).

Carne toscana alla griglia

È da porre attenzione su una curiosità, riguarda il posizionamento della Toscana rispetto alle altre regioni per tipologia di prodotti: le migliori performance le fa registrare con i prodotti della panetteria e pasticceria (seconda dietro solo all’Emilia Romagna) e con le carni fresche (dietro solo alla Sardegna). Sul podio, come terza della classe, anche tra gli oli d’oliva, precedendo la Liguria. Riepilogando, sono sei i prodotti che concentrano l’88% del valore complessivo: Cantuccini Toscani Igp, Prosciutto Toscano Dop, Pecorino Toscano Dop, Olio Toscano Igp, Finocchiona Igp e Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp.

Non è soltanto un valore economico, dal quartier generale della Regione Toscana si mette l’accento anche su fatto che questa è «una leva di competitività e identità territoriale»: insieme ad un patrimonio enogastronomico di eccellenza e una crescente attenzione alla sostenibilità e al biologico, questo è il traino del comparto agroalimentare del made in Tuscany.

È stata la vicepresidente e assessora regionale all’agroalimentare Stefania Saccardi ad aprire i lavori puntando la luce dei riflettori su un aspetto: «La nostra non è una regione delle grandi quantità, ma delle grandi qualità: vino e olio, in particolare, trainano un export che continua a crescere nonostante le difficoltà dei mercati internazionali. I mercati internazionali riconoscono nei prodotti toscani un elemento di unicità e di eccellenza, e questo ci rende fiduciosi per il futuro». Aggiungendo poi: quest’agricoltura è qualcosa di più della produzione agroalimentare in sé, è anche «cura del territorio, paesaggio e multifunzionalità». Bastio dire che la Toscana presenta due aspetti da rimarcare: 1) è la regione con «il maggior numero di agriturismi in Italia»; 2) è una terra che «investe sui giovani e sulle donne, che rappresentano ormai il 30% della nostra agricoltura».

Sono quasi 42mila (41.961) le imprese agroalimentari toscane e sono il 5,6% del totale nazionale: una su 15 è guidata da un giovane sotto i 35 anni (6,8%) e quasi una su tre vede una donna al vertice (30,4%), più della media nazionale. Con 45mila addetti nel settore agricolo. Le cifre del 2024 indicano che il valore complessivo della produzione agricola toscana si è attestato a quota 3,6 miliardi di euro, quattro punti in più rispetto a dodici mesi prima e quasi il 30% in più a paragone del 2020.

Una bella fetta di Toscana è nel segno di un uso agricolo. Un quinto del territorio toscano è dedicato all’agricoltura: la “superficie agricola utilizzata” sfiora i 560mila ettari. Il 36,4% di questa estensione è utilizzata per coltivazioni biologiche: è quel che serve per fare della Toscana la «seconda regione italiana per incidenza dell’agricoltura biologica». Nella fattispecie: nel 2024 – viene fatto rilevare – sono stati riconosciuti 10 distretti biologici, quattro dei quali di nuova istituzione.

Un altro tassello del mosaico rurale è rappresentato dalla diffusione di agriturismi: la Toscana è la regione che ne ha di più: sono 5.800, cioè poco meno di una su quattro di quelle presenti in tutto il Bel Paese. Con una integrazione riuscita tra ospitalità e produzione agricola: «il 47% delle aziende produce almeno un prodotto Dop o Igp, e un terzo adotta il metodo biologico».

È stato anche presentato da Irpet, l’istituto toscano di ricerca economica, un report dal titolo “Identità e valore dell’agricoltura nella Toscana diffusa”: l’ha illustrato Sara Turchetti ed è relativo alle filiere del legno, castanicoltura, turismo. Cisa salta fuori? Il fatto che quasi la metà del valore aggiunto prodotto dall’agricoltura toscana arriva dalle cosiddette “aree interne”, è qui che si concentra anche una parte rilevante di strutture agrituristiche. «Rispondono ad un aumento della domanda di turismo slow (da quello esperienziale alle attività all’aria aperta e una riscoperta del turismo di prossimità) offrendo, lo riporta la ricerca Ismea, alloggio (nel 90% dei casi), attività di ristorazione (37%), degustazione (32%) e ricreative (51%) con oltre 5 milioni di presenze con una netta prevalenza di turisti stranieri (70%)».

Irpet mette in rilievo proprio quest’incrociarsi di fenomeni: da un lato, la crescente concentrazione della popolazione nelle aree urbane e periurbane; dall’altro, la «contestuale trasformazione di quelle marginali, che si presentano oggi come veri e propri laboratori di sostenibilità ed innovazione territoriale», a cominciare da esempi di eccellenza come «le filiere del legno e della castanicoltura». Quest’ultima conta ad oggi «circa 1.600 aziende castanicole tra Lunigiana e Garfagnana, nel Mugello e sull’Amiata», che contribuiscono alla «valorizzazione dei prodotti del bosco certificati e alla conservazione del tipico paesaggio di queste aree».

A seguire, il direttore di Fondazione Sistema Toscana, Francesco Palumbo, ha posto l’accento sul legame tra food, informazione e comunicazione e promozione turistica e sugli strumenti in campo per un’attività di valorizzazione che si snoda su più piani e con diversi strumenti sia per i cittadini che per i molti turisti interessati a questo settore.  Sempre sul fronte del turismo è intervenuto Mirko Lalli per The Data Appeal Company. Il suo report si è focalizzato principalmente sull’influenza dell’AI nel food e su come i turisti vedono la nostra regione in relazione al comparto food & beverage grazie all’interpretazione del sentiment registrato in rete.

Pubblicato il
22 Ottobre 2025

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