Vini toscani ai tempi dei dazi di Trump: l’etichetta non basta più
Carratelli Wine: stagione di nuove opportunità sui mercati extra-Ue, ma a patto che…
FIRENZE. «I dazi Usa creano un danno alle aziende ma possono anche rappresentare un’opportunità per il vino toscano». Ma a patto che il sistema produttivo riesca a garantire una condizione: riuscire a essere «più unito, concreto e competitivo sul piano del posizionamento internazionale». Lo dice Pietro Marchini, responsabile del settore vendite di Carratelli Wine, società di brokeraggio specializzata nella distribuzione e valorizzazione dei vini italiani sui mercati esteri.
La sua “fotografia” del mercato ai tempi dei dazi di Trump partono da un aspetto: «Il tema del prezzo – queste le parole di Marchini – è cruciale anche per i vini toscani: non si tratta solo di difendere un valore, ma di comunicarlo in modo credibile. Dopo anni di rincari e oscillazioni valutarie, l’era dei dazi può essere il momento per riposizionare le denominazioni con politiche di export più sostenibili e meno frammentate».
A giudizio dell’azienda – che, detto per inciso, lavora «da oltre vent’anni» nei mercati extra-Ue con particolare attenzione a Stati Uniti, Asia e Medio Oriente – la nuova fase del commercio internazionale impone «un cambio di passo». Tradotto: «Il vino toscano deve continuare a investire sulle icone storiche – spiega Marchini – ma allo stesso tempo aprirsi e costruire un’identità collettiva più ampia. Il rischio è restare forti solo nei segmenti “premium”, ma perdere terreno nella fascia intermedia, quella oggi più esposta al calo dei consumi».
Per il dirigente di settore di Carratelli Wine, «nonostante le tensioni geopolitiche e le nuove abitudini di consumo», la domanda di vino di qualità resta «alta» nei mercati al di fuori dell’Unione Europea: «L’Asia sta ancora cercando l’Italia, ma serve una filiera capace di parlare un linguaggio moderno, sostenibile e coerente. Non basta l’etichetta, serve una visione di sistema».











