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AGRICOLTURA

L’allarme di Federacma: «Tempesta perfetta sugli investimenti»

Borio: ecco il conto di quanto serve per rimanere in linea con quanto previsto

Andrea Borio, presidente di Federacma

ROMA. «Mentre le imprese agricole italiane continuano a investire in innovazione per garantire competitività e sostenibilità, si abbatte una vera e propria tempesta perfetta». Non potrebbe essere più preoccupato l’allarme lanciato da Federacma, la federazione che nella galassia Confcommercio raggruppa le associazioni nazionali dei servizi e commercio macchine agricole, operatrici e da giardinaggio: vengono chiesti con urgenza al governo «interventi correttivi nella legge di bilancio 2026» perché gli intoppi dal punto di vista sia normativo che finanziario rischiano di «paralizzare ogni prospettiva di sviluppo».

Il conto è presto fatto, dicono dal quartier generale dell’organizzazione di categoria: «Storicamente, il comparto ha avuto bisogno di almeno 250 milioni di euro l’anno per sostenere gli investimenti. Se a questi sommiamo i 50 milioni della Zes e i 100 milioni del Fondo Innovazione oggi cancellati, servono almeno 400 milioni di euro per garantire una continuità rispetto al passato». Non è tutto: a complicare ulteriormente il quadro, c’è «lo stop improvviso al Piano Transizione 5.0 («le risorse sono esaurite, ma molte imprese agricole avevano già avviato investimenti, fiduciose nella misura»).

Ad esempio, è sott’accusa il fatto che non si preveda di rifinanziare il credito d’imposta Zes Sud Agricoltura («negli anni scorsi ha garantito 50 milioni di euro a sostegno degli investimenti al Sud») né è in agenda la prosecuzione del Fondo Innovazione («ha erogato 222 milioni in due anni a favore del settore agricolo»). Ma i guai, secondo questa sigla di categoria, arrivano soprattutto dall’articolo 26 della manovra: la norma è pensata per «contrastare le indebite compensazioni di crediti d’imposta» e introduce «il divieto di utilizzo in compensazione con i versamenti previdenziali e i premi Inail»: è un provvedimento – si afferma – che rischia di «penalizzare in particolare le imprese agricole, caratterizzate da una struttura fiscale semplificata e da limitate possibilità di compensazione».

«Così facendo si azzera di fatto la possibilità per tante aziende agricole di usufruire del credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali», dice Andrea Borio, presidente di Federacma. «Parliamo di imprese – afferma – che non possono godere degli ammortamenti maggiorati previsti per altri comparti e che oggi si ritrovano con uno strumento inaccessibile. È una contraddizione inaccettabile: chi vuole investire in agricoltura non viene sostenuto, ma ostacolato»

Non basta a tranquillizzare gli operatori neanche, all’articolo 96, il nuovo credito d’imposta Agricoltura 4.0. Il motivo? Per Federacma lo stanziamento per il 2026 è «al momento irrisorio» (2,1 milioni di euro) e oltretutto verosimilmente non sarà operativo «prima del secondo trimestre del prossimo anno, poiché richiederà l’adozione di un decreto attuativo».

Ben venga la scelta del ministro Francesco Lollobrigida di istituire uno strumento dedicato all’innovazione agricola («è una misura che Federacma ha sempre richiesto» e così facendo il governo dimostra «che sa ascoltare»): tuttavia, «con queste risorse e con questi tempi», a giudizio di Borio «l’impatto sarà pressoché nullo».

«Abbiamo lavorato con il ministero delle imprese per far partire la Transizione 5.0 – sottolinea Borio – e, quando finalmente ha preso piede, le imprese si sono viste tradite dalla fiducia. Oggi servono almeno 250-300 milioni di euro per coprire gli investimenti già avviati». Aggiungendo poi: «Il governo deve dare subito un segnale chiaro: va assicurato che le spese non coperte dal Pnrr saranno sostenute con i fondi ordinari per il 4.0. Nella legge di bilancio ci sono 1,3 miliardi disponibili: almeno metà di queste risorse deve essere destinato all’agricoltura».

A ciò si aggiunga che Federacma chiede anche che venga prorogato al 30 giugno prossimo il termine di consegna dei beni acquistati con credito d’imposta, oggi fissato al 31 dicembre 2025, in modo analogo a quanto già previsto per gli investimenti del piano 4.0. La richiesta – viene spiegato – è di inserire la proroga già nel testo iniziale del Decreto Milleproroghe, tenuto conto che, con il cambiamento della fonte di copertura, non sussisteranno più i vincoli del Pnrr.

«Abbiamo aziende che hanno firmato contratti, versato acconti e avviato le pratiche, ma i mezzi agricoli non arriveranno in tempo per colpa dei ritardi nelle consegne – conclude Borio –. Se non si interviene subito con i correttivi richiesti, il 2026 si aprirà con un blocco totale degli investimenti agricoli e con il rischio concreto di collasso per le reti commerciali».

Pubblicato il
10 Novembre 2025

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