La Guardia di Finanza scopre fra Cecina e Pisa un esercito di “Labubu” falsi
I pupazzetti-cult contraffatti fra le sigarette elettroniche di contrabbando
CECINA. Il mercato chiede quei benedetti pupazzetti “Labubu” come se fossero oggetti da collezione che non possono mancare in una casa? Figuriamoci se l’industria del falso poteva lasciarsi sfuggire l’occasione: offrire l’opportunità di averne uno a prezzi che sono meno di metà della metà della metà dell’originale, che oltretutto sono difficili da trovare, forse per una strategia di scarsità indotta così da creare l’attesa e tener alti i prezzi. Anche se l’universo di pupazzi di Kasing Lung, illustratore di Hong Kong trapiantato in Europa, è diventato “culto” generazionale dopo che è rimbalzata dalla Cina.
Ma non è per girovagare nel marketing a misura di baby che ce ne interessiamo. Il motivo è il fatto che i finanzieri della compagnia di Cecina guidati dal capitano Letizia Carrabino, compiendo la consueta attività di controllo su sicurezza dei prodotti, lotta anti-contraffazione e contrasto contro i design abusivi, hanno sequestrato «oltre 8mila giocattoli contraffatti, di cui oltre 2mila famosi e costosi peluche Labubu», secondo quanto reso noto dal quartier generale della compagnia cecinese.
È stato prima individuato un negozio a Cecina che metteva in vendita i “Labubu” «carenti dei segni distintivi, a prezzi irrisori e con fattura che destava sospetti circa l’originalità del pezzo e la liceità alla vendita». I pupazzi-cult sono stati sequestrate e il titolare dell’esercizio commerciale nel centro di Cecina è stato deferito all’autorità giudiziaria. Al tempo stesso hanno cercato di ripercorrere all’indietro la filiera di distribuzione dei pupazzi e sono risaliti a «un punto vendita anche all’ingrosso situato a Pisa, presso il quale si è proceduto immediatamente alla perquisizione».
Nel negozio – viene fatto rilevare dalla Guardia di finanza – sono stati rinvenuti e sequestrati oltre 2mila giocattoli “Labubu”, oltre a «numerose scatole per il confezionamento e parti per l’assemblaggio del peluche»: questo viene ritenuto che i titolari «provvedevano non solo alla distribuzione ma all’assemblaggio dei giocattoli, anche sfruttando la famosa pratica del commercio del pupazzo tramite “blind box”, ossia buste a sorpresa». A ciò si aggiunga che all’interno dell’esercizio commerciale sono stati rinvenuti e sequestrati «anche più di 6mila peluche, giocattoli, portachiavi, palloni da calcio recanti noti marchi contraffatti Disney, Marvel, squadre di serie A del calcio italiano e internazionale». Senza contare che, benché non vi fosse autorizzazione alla rivendita di tabacchi, sono state «sottoposte a sequestro amministrativo sigarette elettroniche prive del sigillo dei Monopoli di Stato, ritenute non sicure e pericolose per la salute del consumatore finale, per la cui violazione è stata contestata una sanzione amministrativa pecuniaria».

«Nel mondo del gioco e della moda, i peluche Labubu – viene sottolineato – sono ormai diventati una vera tendenza, tanto da aver generato un mercato di nicchia in cui i veri, unici, originali pupazzi sono rarissimi da trovare in negozi fisici e online solo su siti certificati. La diffusione capillare della domanda dei peluche e la limitatissima offerta hanno reso i pupazzi beni di lusso, la cui rarità è caratterizzata da elementi che contraddistinguono i peluche (numero dei dentini, foglietto illustrativo..) in modo unico sul mercato».
La Guardia di Finanza tiene a sottolineare che «le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento, solo qualora intervenga sentenza irrevocabile di condanna».
Ma le Fiamme Gialle tengono a mettere in risalto anche un ulteriore aspetto: «La contraffazione e il commercio di prodotti non genuini e insicuri» si inseriscono «in modo insidioso» nel mercato regolare, lo fanno danneggiando «la libera concorrenza» e «sottraendo pertanto grosse opportunità commerciali e lavorative alle imprese rispettose delle regole di mercato, con grosse ripercussioni, di riflesso, anche sul tessuto economico fiscale nazionale, traducendosi in una diminuzione di crescita del Paese a svantaggio dei cittadini onesti».











