Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

Al ministero avanti adagio quasi indietro

ROMA – Può anche darsi che, come spesso succede in questo paese, valga il principio secondo cui “chi non piange non puppa”. Però adesso gli alti lamenti che arrivano dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti sembrano davvero andare oltre al piagnisteo di chi teme la perdita dei propri piccoli personali poteri (che poi tanto piccoli non sono…).
[hidepost]Fatto sta che le impressioni raccolte in Viale Asia sono da mezza caduta dell’impero romano: si sbaracca, ci si prepara a far fagotto con le scatole delle cose personali pronte all’uscio come ci fecero vedere le Tv americane dopo i famosi fallimenti bancari ad inizio crisi.
Paure esagerate? A sentire gli interessati – funzionari ed alti dirigenti: che ovviamente non vogliono apparire – il nuovo regolamento del ministero è già all’esame del Consiglio di Stato e propone sfracelli: accorpamenti durissimi di comparti anche poco omogenei, direzioni cancellate, tagli sopra tagli. E quel che è peggio per lo shipping, sparisce la direzione generale dei porti: sarà accorpata ad un’altra che ha assai poco in comune come problematiche.
E’ la spending review, signori. Ma ancora una volta, sembra che il criterio fondamentale per innovare e razionalizzare sia quello di subordinare il comparto della logistica del mare – porti e navigazione marittima – a una revisione interna delle alte cariche ministeriali; senza alcuna valutazione critica su quanto incida l’economia marittima in quella generale del paese; e senza ricordare che quasi il 90% dell’interscambio internazionale avviene via mare, con il nostro export condizionato anche dall’inefficienza del sistema.
Qualcuno dice, sia pure a bassa voce, che le direzioni generali per i porti, oggi in via di accorpamento, non sono poi state quei fulmini di guerra che avremmo voluto. E può anche essere vero. Ma la soluzione non è certo quella di cancellarle, semmai sarebbe necessario potenziarle e renderle più efficienti.
Invece da più di un decennio si assiste a un continuo declassamento ministeriale del mare: dai tempi del ministero della Marina Mercantile in poi, siamo sempre andati con il passo del gambero. Ovvero: avanti adagio, quasi indietro. Una tristezza.
Antonio Fulvi

[/hidepost]

Pubblicato il
12 Febbraio 2014

Potrebbe interessarti

Il neo-kompanjia Stachanov

Il kompanjia Aleksej Stachanov in confronto era, come si dice da noi, uno scansafatiche: cioè robetta. Perché oggi l’avvocato Matteo Paroli copre in contemporanea due cariche da far tremare le vene ai polsi. È...

Leggi ancora

Per la guerra per la pace

C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo. No, non è l’aquilone della poesia di Giovanni Pascoli, quella che noi anziani dovevamo studiare a scuola. Il qualcosa di nuovo sono i droni: diventati in poco...

Leggi ancora

Tasse e governi

C’è la stagione di tutte le cose e di tutte le passioni. Questa d’oggi, per dirla come lo scrittore americano John Steinbeck, è quella “del nostro scontento”. Scontento? Noi del ceto medio siamo ancora una...

Leggi ancora

Hic sunt leones

Può anche darsi che, come spesso accade, l’allarme lanciato ai primi del mese dall’ammiraglio Enrico Credendino risponda anche all’altro celebre detto latino  Pro Domo Sua, riferito come noto a Cicerone. Però il capo di...

Leggi ancora

Uno scavalco che non scavalca mai

Se ne parla con comprensibile pudore: anche lo “scavalco” ferroviario tanto atteso e tanto sbandierato tra l’interporto Vespucci e le banchine di Livorno, finisce nell’elenco delle speranze deluse: almeno per i tempi. Scriveva Silvia...

Leggi ancora

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora
Quaderni
Archivio