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Riforme portuali al Risiko si parte sui mega-progetti

L’apposita commissione del governo al lavoro per “tagliare” drasticamente il numero di quelli proposti dai vari scali – I decreti delegati e le linee guida imposte dall’Europa sulla logistica

ROMA – E’ una specie di partita a scacchi, quella che si sta cominciando a giocare sulla logistica portuale italiana. E l’unica cosa certa è che le riforme sul tema avviate – con le prime indicazioni piuttosto vaghe ma con la vera sostanza che aspetta ancora i decreti, la vera polpa – se riusciranno ad arrivare al risultato non saranno indolori.
[hidepost]E’ significativo che ad oggi l’unica indicazione emersa, quella sull’accorpamento delle Autorità portuali, abbia già cambiato almeno una mezza dozzina di orientamenti: con altrettante varianti sugli accorpamenti stessi. Anche le ultime indicazioni dalla politica vanno considerate ufficiose. E si capisce bene perché: il governo centrale deve vedersela con le Regioni, che sembrano disponibili ad accettare di “far fuori” dai comitati portuali quasi tutte le attuali componenti, ma non accettano di diventare marginali. Sintomatico come si stanno muovendo sul tema il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e quello del Friuli Debora Serracchiani, tra l’altro ascoltata vice di Renzi. Stanno collocando le proprie figure forti sulla scacchiera pronte a giocarsi tutta la potenza di fuoco politica per rimanere nella partita della logistica.
L’intrecciarsi di aspettative sui decreti – non solo da parte del ministero delle Infrastrutture, ma anche e specialmente da quello della Funzione Pubblica – sta però facendo passare in secondo piano un altro tema importante: ovvero l’analisi dei tanti (troppi) progetti di grandi infrastrutture presentati dai porti con relative richieste di finanziamento pubblico. In silenzio, ma nemmeno tanto, l’esame è cominciato nell’apposita commissione. Ed è già stato detto che sarà un massacro: su oltre 135 progetti, quasi tutti fortemente appoggiati dai poteri locali (e qualche volta con promesse di forti investimenti anche dei grandi terminalisti internazionali) se ne salverebbero nemmeno un quarto. Ipotizzare quali al momento è voler leggere la sfera di cristallo: anche perché tutti o quasi vantano importanti “sponsor” nello stesso governo o nelle sue vicinanze.
In conclusione, se riforma vera sarà – e dovrà essere, o per la logistica italiana rischieremo di far la fine del piano degli aeroporti della Grecia – i giochi veri stanno per cominciare e renderanno questo settembre uno dei più “caldi” degli ultimi vent’anni. Più caldo del luglio scorso, ma per altri motivi: e vi si giocherà il futuro non solo dei porti, ma dell’intero sistema logistico nazionale inquadrato in una politica dei trasporti europea che lascia sempre meno margini decisionali ai singoli stati. Regioni consenzienti o no.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
22 Agosto 2015

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