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Grande shipping: sprint e record malgrado il Covid

LIVORNO – Manca meno di un mese al Natale e guardandoci all’indietro – volendo cioè analizzare questi nuovi mesi caratterizzati dall’emergenza Covid-19 – i segnali di ripresa (seppur modesti) non mancano. In sostanza: il commercio internazionale ha resistito all’impatto del coronavirus ma il mondo dello shipping e della logistica è comunque ben lontano dalla “normalità”.

Ogni crisi porta con sé effetti e strascichi nel medio-lungo periodo. È anche vero che questa esperienza, se non lo si fosse capito, è un’opportunità per cambiare business, modo di concepire l’economia, cambio di prospettiva, di modo di vivere, di abitudini. Come sempre, non tutto il male viene per nuocere.

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L’instabilità dei mercati – guardando non nell’immediato ma in un ragionevole lasso di tempo – non ha risentito troppo dell’avvento del coronavirus. Da inizio marzo 2020 ad oggi siamo passati da una “quasi” assenza di domanda di trasporti (riferimento al trasporto marittimo) ad un boom di questi ultimi mesi.

Come mai? Nell’economia famigliare, se ci si pensa bene, è normale notare un “crollo” di domanda (l’andare a fare la spesa) se la famiglia si ammala per due settimane. Si va avanti con il minimo indispensabile, o più correttamente con l’essenziale, assistendo ad un momentaneo cambiamento di stile di consumo. Costretta in casa, la famiglia taglia le spese in servizi e non potendo frequentare le città e i negozi, si indirizza semmai su forme di acquisto alternative. Molti hanno iniziato ad acquistare online, in particolare prodotti – nella maggior parte dei casi – provenienti dall’Asia (materiali sanitari come i DPI, telefonia ed elettronica, per citarne alcuni).

Il boom improvviso di domanda di trasporto avrebbe colto “impreparati” gli stessi armatori: fatto sta che il costo dei noli del “trasporto marittimo” ha avuto un crescendo vertiginoso, per poi arrestarsi e oscillare.

Sembra che mediamente i costi del trasporto marittimo – i noli appunto – siano cresciuti del 140% per FEU (Forty Equivalent Unit – i container da 40’) rispetto all’anno scorso sulla rotta transpacifica, e del 60% sulle rotte verso l’Europa, come riportato qualche tempo fa dal Sole-24ore. Questa divergenza di aumento dei noli deriva anche dalla disponibilità di container vuoti. Ossia: sono rimasti nei porti sbagliati, dato che quelli vuoti si trovano nei porti europei e degli USA (paesi importatori), mentre quelli pieni attualmente sono in Asia (paese esportatore). Molti spedizionieri, dovendo faticare a trovare container disponibili, hanno iniziato a richiedere tariffe supplementari.

Le compagnie di navigazione hanno ricevuto richieste dai governi di frenare il rincaro dei noli, aumentando la capacità di trasporto. Tasto dolente quest’ultimo in quanto il problema della sovra-capacità (offerta > domanda) è stato combattuto con la limitazione dei servizi, permettendo alle compagnie più strutturate di prosperare, e non solo sopravvivere, nel buio della pandemia.

Il vero problema di fondo è l’impatto che la pandemia avrà a lungo termine, non solo sulla spesa dei consumatori, ma anche sulla disponibilità delle aziende a ordinare merci. In primo luogo, oltre che sulla loro capacità di farlo, perché che sta cominciando a profilarsi un possibile problema di liquidità finanziaria. Esiste anche – secondo gli analisti internazionali – un rischio realistico di fallimenti, per chi non ha le spalle (finanziarie) forti.

Il lato positivo è che ci sono due elementi che aiutano i vettori marittimi. Uno è il crollo del prezzo del petrolio, che ancora agisce come un’iniezione di liquidità a breve termine per le compagnie di navigazione che mesi fa pagavano il sovrapprezzo del bunker sulla base del prezzo del petrolio e che oggi pagano prezzi stracciati per il carburante. L’altro aspetto positivo è l’attenzione e la prontezza che le compagnie più attente hanno dimostrato nel cancellare le partenze (fenomeno del “blank sailing”) e nell’evitare di abbassare i noli per poter riempire le navi.

È anche sintomatico che alcune compagnie primarie – si veda MSC – stiano “razzolando” navi (e servizi) di altre più deboli, e allarghino le proprie sfere d’influenza non solo ai terminal ma anche alle reti terrestri. E la corsa al “green”, lungi dall’essere solo un Beau geste, sembra confermare che il business più ricco sarà sempre più concentrato.

S.B.

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Pubblicato il
9 Dicembre 2020
Ultima modifica
10 Dicembre 2020 - ora: 14:15

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