La relazione del presidente Paolo d’Amico
ROMA – Signor Sottosegretario, Presidente Squinzi, Autorità, Colleghi armatori, signore e signori, un caloroso benvenuto a tutti e grazie per aver accolto il nostro invito.
Un particolare benvenuto al Presidente Squinzi che per la prima volta interviene ad una nostra Assemblea.
[hidepost]I problemi del Paese sono tanti e complessi e credo sia doveroso manifestare apprezzamento al Governo per ciò che sta facendo per uscire dalla crisi e riportare il Paese a crescere.
Per i concomitanti impegni internazionali del Presidente Monti e di altri Ministri, la calendarizzazione delle riunioni del Consiglio dei Ministri ha subito variazioni e, proprio oggi, con matematica coincidenza di orario, si svolge una importante riunione a Palazzo Chigi che non consente la partecipazione del Ministro Passera e di altri suoi colleghi alla nostra Assemblea.
Ringrazio il Sottosegretario Guido Improta che con la sua presenza testimonia l’attenzione dell’Esecutivo per il nostro settore, confermando la validità dell’intenso lavoro portato avanti insieme nei mesi scorsi.
Non solo con il Governo, ma anche con numerosi esponenti del Parlamento ci siamo più volte confrontati nel corso dell’anno. Molti sono presenti, altri non sono potuti intervenire: a tutti va il nostro grazie.
Con orgoglio mi fa piacere sottolineare come il mondo della politica guardi allo shipping con occhi attenti e consapevoli.
Maggioranza e opposizione nel corso delle ultime legislature si sono spesso trovate concordi sulle scelte da adottare in un clima – lasciatemelo dire – di inusuale collaborazione.
Scelte che, 14 anni fa, hanno consentito il rilancio della flotta italiana e si confermano giuste e lungimiranti.
Questi sono i numeri e i fatti che dimostrano il successo di una scelta condivisa tra mondo politico, armamento e organizzazioni sindacali:
dal 1998, con l’introduzione del Registro internazionale, la flotta italiana è più che raddoppiata: abbiamo raggiunto i 19 milioni di tonnellate di stazza lorda;
diamo occupazione a circa 80.000 addetti diretti e 110.000 nell’indotto. In controtendenza rispetto ad altri settori, non registriamo perdite di posti di lavoro;
dal 2001 al 2011 abbiamo investito più di 37 miliardi di euro in Italia e all’estero. Attualmente le nostre navi sono nuove, tecnologicamente avanzate e per il 67% hanno meno di 10 anni;
abbiamo recuperato posizioni nella graduatoria delle principali flotte mondiali: siamo leader nel settore traghetti, in quello crocieristico e nelle chimichiere;
la flotta italiana è il volano del sistema marittimo che contribuisce al PIL nazionale per 39,5 miliardi di euro (2,6% di quello totale) e dà occupazione a circa il 2% della forza lavoro del Paese (477mila persone fra addetti diretti ed indotto).
Numeri che dimostrano l’importanza del contributo che ha dato e continua a dare al Paese lo shipping italiano, un’industria che tiene e affronta con tenacia uno dei momenti più difficili della nostra storia.
Non abbiamo remore ad affermare che queste difficoltà si sono rivelate fatali per alcune compagnie di navigazione.
Crisi dei debiti sovrani specie nei Paesi dell’eurozona, rallentamento del commercio mondiale e, in particolare per il nostro Paese, inflazione, disoccupazione, recessione, senza parlare del quotidiano incubo dello spread che ultimamente sembra in tendenza al ribasso.
Lasciamo a voci più autorevoli l’analisi di questi fenomeni che sembrano sfuggire a qualsiasi strategia che si riveli efficace ed attuabile su uno scacchiere che, da tempo, non è più solo nazionale.
Cosa sta accadendo nello shipping mondiale?
Il gran numero di ordini di nuove navi accumulato prima del 2008 ha influito sull’aumento della capacità di trasporto della flotta mondiale cresciuta del 9%, praticamente il doppio della domanda che si è ridotta per la recessione economica.
Tutti i comparti marittimi – carichi secchi e liquidi, portacontainer – soffrono dell’eccesso di offerta che fa scendere i noli a livelli bassissimi, tanto che su molte rotte non si riescono a coprire neanche i costi di gestione.
Surplus di offerta aggravata da tensioni politiche in alcune aree del mondo che hanno indotto la comunità internazionale ad imporre sanzioni commerciali contro Stati che rivestono un ruolo significativo nel commercio mondiale. Penso in particolare alla Libia, nel 2011, e oggi a Iran e Siria.
Dieci anni fa la competitività si giocava su un mix di costi di gestione e standard qualitativi. Oggi, l’equiparazione dei costi ed il livellamento verso l’alto dei servizi offerti sono stati raggiunti da tutte le principali flotte.
Di questo siamo orgogliosi.
Non ci sono altre importanti voci di costo da comprimere mantenendo pari standard di sicurezza e qualità. Snellezza, velocità ed efficienza della macchina burocratica diventano determinanti, in special modo in situazioni di mercato depresso.
Mi unisco all’appello del Presidente Squinzi per una forte azione volta a contrastare il “peso della burocrazia”, vero e proprio gap competitivo per il sistema paese che si ripercuote sull’industria.
Confitarma da anni propone interventi a costo zero per l’Erario.
Basti pensare che, nel 2012, le navi passeggeri italiane, per quanto concerne l’igiene e i servizi medici a bordo, devono applicare ancora le procedure contenute nel Regio Decreto del 20 maggio 1897.
Questa ed altre norme obsolete, più volte segnalate all’Amministrazione, potrebbero essere modificate rapidamente con un semplice provvedimento amministrativo, come è già previsto in alcuni disegni di legge da tempo giacenti in Parlamento.
LA PIRATERIA
La pirateria è una minaccia globale alla quale la comunità internazionale ha risposto con azioni militari coordinate a difesa della libertà dei traffici.
I singoli Stati hanno adottato iniziative per consentire alle unità battenti la propria bandiera di solcare acque rischiose per gli equipaggi e i carichi trasportati.
Ricordo che, dal 2005, sono state attaccate 42 navi italiane e 6 sono state sequestrate, alcune per molti mesi.
Confitarma ha seguito costantemente l’evolversi di questo fenomeno con tutte le istituzioni competenti, sviluppando un dibattito sugli strumenti più efficaci da adottare e promuovendo in concreto azioni importanti.
Le strategie di difesa contro i pirati sono “conditio sine qua non” perché ormai, senza protezioni adeguate, è quasi impossibile trovare equipaggi disposti a navigare nelle aree a rischio ed anche la copertura assicurativa della nave è subordinata a tali condizioni.
Il cardine della strategia italiana di contrasto alla pirateria è la legge n. 130 dell’agosto 2011 che ha introdotto la difesa attiva a bordo delle nostre navi, consentendo l’imbarco di team armati militari e, in via complementare, privati.
Tale strategia si è rivelata estremamente positiva, grazie soprattutto all’intensa collaborazione tra armamento e Marina Militare.
L’esperienza sul campo ha fatto emergere alcune criticità che la vicenda dei Fucilieri del Battaglione San Marco, imbarcati sull’Enrica Lexie, ancora sotto custodia in India, ha messo in evidenza.
E ai Marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone va la nostra piena solidarietà per le vicissitudini che stanno vivendo.
Rinnovo la disponibilità e l’interesse dell’armamento a rivisitare, laddove ritenuto necessario, la Convenzione dell’11 ottobre 2011, rendendola ancor più rispondente alla realtà operativa.
Al riguardo ricordo che la pirateria è presente anche in zone di mare diverse dall’Oceano Indiano. Nell’Africa Occidentale, il fenomeno, prima caratterizzato da atti di “ruberia”, sta sempre più prendendo a modello quanto avviene nelle acque somale.
Manca ancora il decreto attuativo della legge 130 per consentire l’impiego di team privati armati a bordo delle nostre navi quando non siano disponibili o non sia possibile imbarcare i Nuclei Militari di Protezione.
Peraltro, occorre operare una correzione tecnica sulla norma primaria, ben nota ai ministeri interessati, affinché tale decreto, una volta firmato, risulti in concreto applicabile.
Abbiamo partecipato ad audizioni parlamentari e a tavoli tecnici; abbiamo incontrato più volte i funzionari dell’Amministrazione e abbiamo avuto assicurazioni dallo stesso vertice del Ministero dell’Interno.
Certo, prima o poi tale decreto verrà perfezionato. Il “poi” potrebbe essere fatale!
Nello shipping, la competizione internazionale impone l’adozione di soluzioni nazionali che siano in linea con quelle adottate dagli altri paesi.
L’Italia non può rimanere indietro: gran parte della nostra flotta potrebbe cambiare bandiera per la mancanza di un provvedimento amministrativo a costo zero.
L’EFFICIENZA DEL SISTEMA
Il sistema delle regole deve essere efficiente e finalizzato al raggiungimento di concreti obiettivi per consentire alle imprese di competere a livello internazionale.
Noi chiediamo di valorizzare il ruolo dell’Amministrazione dedicata alle problematiche marittime quale interfaccia altamente qualificata con il mondo produttivo.
Signor Sottosegretario, da tempo il mondo marittimo italiano chiede un Ministero del Mare.
Venga almeno ripristinato un Dipartimento per i trasporti marittimi!
Vorremmo poter contare su un’Amministrazione dedicata alle nostre numerose e complesse tematiche che, purtroppo, risultano molto frammentate e distribuite in tante sedi con un impoverimento delle specifiche competenze, nonostante la riconosciuta professionalità dei suoi Direttori e del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto.
Uno studio realizzato dal Gruppo Giovani Armatori evidenzia come la competitività della nostra bandiera sia fortemente limitata dalla complessità delle procedure italiane rispetto al panorama internazionale, a cominciare da iscrizione e cancellazione delle navi, rilascio e rinnovo dei certificati di sicurezza radio, ispezioni di security all’estero, distribuzione e compilazione dei libri di bordo, visite tecnico-sanitarie e dotazioni di medicinali.
Di particolare rilevanza, la pressoché totale assenza di procedure informatiche a disposizione dell’Amministrazione marittima e il ritardo dell’entrata in funzione della banca dati naviglio, di cui si parla da quindici anni, che potrebbe notevolmente migliorare e accelerare alcuni servizi erogati all’utenza.
Queste inefficienze incidono sulla crescita del nostro Paese che già presenta un gap competitivo della filiera logistica, valutato in circa 40 miliardi di euro l’anno. Non ce lo possiamo più permettere.
Dobbiamo ridurre l’eccessiva frammentazione della logistica, favorendo i nostri grandi operatori integrati.
In quest’ottica, grazie a capacità organizzative maturate in mare e a terra, i servizi offerti dallo shipping italiano all’industria dell’auto rappresentano un esempio virtuoso perché abbattono di circa il 30% i costi complessivi della logistica sul prodotto finale.
Da questo punto di vista, il Registro Internazionale si rivela strumento essenziale anche per la competitività dei nostri prodotti sui mercati esteri.
SHIPPING E MONDO DEL CREDITO
Nonostante una crisi internazionale senza precedenti, abbiamo continuato ad investire nel rinnovo del naviglio.
Restiamo convinti che una flotta giovane e tecnologicamente avanzata privilegia la sicurezza e la salvaguardia dell’ambiente, permette di neutralizzare gli effetti della ciclicità degli andamenti dei mercati su un periodo operativo più lungo e consente di guardare con maggior ottimismo al futuro.
Tutto ciò è stato possibile grazie al determinante supporto del sistema bancario italiano, da sempre nostro partner.
L’attuale congiuntura economica, innescata, tra l’altro, dal credit crunch, ha coinvolto il settore dello shipping e sta producendo effetti negativi sugli equilibri finanziari di gran parte delle imprese di navigazione.
Per tale ragione ci siamo attivati avviando un tavolo di confronto costruttivo con l’ABI e con le principali banche italiane, per meglio focalizzare la realtà armatoriale italiana, storicamente composta da entità esclusivamente corporate, di lunga tradizione, ben lontana da fenomeni di “aziende prevalentemente finanziarie” che caratterizzano altre esperienze straniere.
Proprio domani si svolgerà in Confitarma un incontro decisivo per definire delle best practice in grado di soddisfare le esigenze specifiche delle banche e, nello stesso tempo, garantire la continuità aziendale delle nostre imprese.
Abbiamo una certezza: il segnale della ripresa economica mondiale coinciderà con l’avvio di un ciclo positivo per lo shipping, anello iniziale della catena economica mondiale.
LE CROCIERE
Parlando di crociere, il pensiero non può non andare alla Costa Concordia: un incidente che, per la sua dinamica, possiamo definire unico.
La perdita di vite umane è la più tragica delle conseguenze e non vi sono parole adeguate per esprimere sconcerto, grande commozione e un forte senso di smarrimento.
Rinnovo la nostra solidarietà a tutti coloro che sono stati colpiti da questa incredibile vicenda.
Chi va per mare mette in conto tutti i pericoli della navigazione; ma nessuno poteva immaginare di assistere ad una tragedia di tali dimensioni che non ha coinvolto solo l’Italia marinara ma l’immagine stessa del nostro Paese, esponendola alla speculazione mediatica internazionale.
Non abbiamo voluto partecipare ai numerosi dibattiti scaturiti da questo naufragio.
Abbiamo invece preferito collaborare senza clamori con le istituzioni – questa è la nostra regola – per identificare eventuali miglioramenti da apportare alla sicurezza della navigazione. Sono già in corso incontri con la nostra Amministrazione e in sede internazionale.
Sottolineo eventuali miglioramenti, perché normative internazionali e nazionali severissime regolano la navigazione marittima e la formazione di personale qualificato.
Penso alle centinaia di comandanti italiani di navi da crociera la cui elevata professionalità è da sempre riconosciuta a livello internazionale; prova ne è che circa la metà delle navi da crociera del mondo ha un comandante italiano.
Purtroppo, il migliore dei sistemi di sicurezza non può sopperire all’errore umano.
E di un tragico, folle, errore umano si è trattato.
Siamo fiduciosi che l’indagine in corso possa chiarire fatti e responsabilità.
Nel frattempo, la sicurezza e la qualità del prodotto offerto continuano ad essere riconosciute dai crocieristi.
Lo dimostra la tenuta delle prenotazioni, la cui tendenza è in aumento nella seconda parte dell’anno.
E’ stata scongiurata la possibilità che ad una tremenda tragedia si sommasse anche il dramma della cancellazione del marchio “Costa Crociere”, eccellenza italiana nel mondo, la sola compagnia che inalbera su tutte le sue navi la bandiera italiana, e che sono fiero di poter annoverare tra i nostri associati.
Tra i soci di Confitarma vi è anche la società Micoperi, che lavora alla rimozione del relitto della Costa Concordia.
Un’operazione, mai compiuta prima al mondo, per la quale, ancora una volta, sono state scelte la professionalità, la qualità e la capacità italiane.
E veniamo ai non pochi problemi del trasporto marittimo tra porti nazionali.
PRIVATIZZAZIONE TIRRENIA
Per quanto riguarda la privatizzazione della flotta pubblica di cabotaggio, dopo decenni, la partita sembra avviata verso un traguardo.
Dico sembra perché la storia è veramente infinita!
E’ un momento auspicato tanto dai nostri padri, ma è presto per esprimere pareri sulla nuova Tirrenia; l’intero processo deve essere completato per alcune società regionali.
Di fatto, è stato privatizzato un comparto pubblico che negli ultimi anni operava secondo logiche più commerciali che sociali e, attraverso una “unfair competition”, snaturava le motivazioni di interesse pubblico che ne avevano inizialmente giustificato l’esistenza.
Sotto il profilo associativo, dovremo attentamente valutare la nuova situazione.
In ogni caso, nella storia della nostra Confederazione – sembra quasi banale ricordarlo – l’unione non è mai stata indice di debolezza ma di forza.
CABOTAGGIO E SHORT SEA SHIPPING
Anche nel comparto cabotiero la crisi porta con sé nuovi pericoli.
La fine del regime degli sgravi contributivi al cabotaggio minore ha messo a dura prova chi operava in un mercato da un lato drogato dal regime delle convenzioni di servizio pubblico, dall’altro definitivamente aperto agli operatori comunitari, alcuni dei quali molto più competitivi.
Voglio ricordare che, negli anni ’90, il legislatore europeo, nell’attuare la liberalizzazione del cabotaggio tra i paesi dell’Ue, ha fatto una scelta precisa: aprire la concorrenza ai soli operatori genuinamente comunitari, in un sistema di regole uguali per tutti.
Nella pratica però, questo principio è stato tradito.
Certo, non possiamo essere noi armatori italiani ad impedire l’ingresso nei traffici domestici, soprattutto cisternieri, ad operatori extracomunitari, “mascherati” da vettori europei che usufruiscono di condizioni operative più favorevoli.
E’ una competizione subdola che può contare sulla difficoltà delle Amministrazioni competenti, dovuta anche ad una carenza della norma comunitaria, di attivare controlli per verificare la effettiva genuinità degli operatori, ristabilendo le corrette regole del gioco.
Senza dimenticare che alcuni regimi fiscali agevolati utilizzati da questi operatori sono stati messi sotto indagine dalla Commissione Europea.
Ed è bastato lo “spauracchio” di una nave pseudo-comunitaria a sconvolgere le regole vigenti da anni per l’espletamento dei servizi di bunkeraggio nei nostri porti.
Settore, quello del bunkeraggio, che già soffriva un’evidente crisi di competitività.
Inoltre, sulle direttrici di short sea shipping, la Grecia può attuare impunemente una palese violazione delle regole sulla nazionalità degli equipaggi a bordo di traghetti italiani. E la Tunisia, senza alcuna motivazione giuridicamente accettabile, continua a vietare l’approdo nei suoi porti ad alcune navi italiane.
A fronte di queste palesi discriminazioni, le varie componenti dell’Amministrazione (rappresentanza diplomatica, Ministero Affari Esteri, Ministero dei Trasporti, Comando generale delle Capitanerie di Porto, Autorità di Bruxelles), pur in un clima di piena collaborazione, hanno incontrato difficoltà di raccordo, non riuscendo a cementare il loro operato su una strategia comune per difendere il sistema-paese.
Abbiamo così assistito a prolungate soste fuori dai porti tunisini di navi italiane, con il loro conseguente forzato rientro in Italia, senza poter effettuare le previste operazioni commerciali.
Nel frattempo, le navi tunisine hanno continuato ad operare negli scali italiani senza alcuna difficoltà.
Mi chiedo se tali situazioni sarebbero state tollerate dall’Amministrazione di un altro dei nostri partner europei.
E mi dò anche la risposta: No!
Una riflessione a parte merita il tema del riequilibrio modale, da anni al centro delle politiche trasportistiche comunitarie.
Confitarma – nonostante recenti dichiarazioni da parte di qualcuno – non ha mai smesso di lavorare per lo sviluppo delle autostrade del mare che costituiscono una realtà importante, contribuendo non poco al trasferimento delle merci dalla strada al mare.
Pertanto, solo per citare un esempio, appare palesemente contraddittoria la recente decisione della Commissione europea di mettere sotto indagine il regime dell’ecobonus per l’anno 2010-2011.
Regime sulla cui compatibilità con la normativa comunitaria, l’Amministrazione italiana aveva dato ampie assicurazioni, sia al mondo dell’autotrasporto che ne beneficia, sia a Confitarma, nel corso di una nostra precedente Assemblea.
Attendiamo la risposta di Bruxelles e auspichiamo che, in un periodo di crisi economica come quello attuale, non siano vanificati gli importanti risultati ottenuti con la politica di riequilibrio modale nel nostro Paese.
PORTI
Una portualità efficiente è certamente un fattore di competitività.
Non ritengo opportuno soffermarmi a lungo su tematiche squisitamente portuali, peraltro già ampiamente trattate in numerose altre sedi.
Tengo a ricordare che Confitarma si è sempre dichiarata favorevole alla necessità di reperire le risorse economiche per l’ammodernamento, lo sviluppo e l’efficienza dei nostri porti.
La richiesta dell’autonomia finanziaria a favore delle Autorità portuali è sempre stata da noi sostenuta.
Purtroppo, nell’ultimo periodo, sono emerse alcune posizioni che non ci vedono affatto concordi.
Mi riferisco alla richiesta avanzata da alcune Autorità portuali di ampliare la propria competenza in materia di determinazione tariffaria e di organizzazione dei servizi tecnico-nautici di ormeggio, pilotaggio e rimorchio.
L’attribuzione di tali competenze alle Autorità portuali non può essere da noi condivisa, perché verrebbe meno l’indispensabile garanzia di una applicazione omogenea a livello nazionale sia dei meccanismi tariffari che delle condizioni di sicurezza operativa strettamente legati a tali servizi.
Garanzia che solo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti può assicurare, in una corretta ed imparziale logica di sistema.
Sull’argomento abbiamo avuto modo di esprimere la nostra posizione e certamente non mancheremo di ribadirla, facendo valere gli interessi dell’armamento nazionale che, insieme a quello estero, rappresenta l’utente che effettivamente paga tali servizi.
Per questo motivo Confitarma continua a considerare estremamente prezioso l’accordo interassociativo, siglato sulla materia nel 2007 da tutte le associazioni rappresentative dell’utenza e degli erogatori dei servizi tecnico-nautici.
L’importanza di tale accordo è confermata dal suo pieno recepimento da parte del Senato, avvenuto in occasione della recente approvazione del disegno di legge in materia di riforma portuale, ora all’esame della Camera dei Deputati.
Ricordo agli amici di Assoporti che Confitarma sta seguendo la stessa politica all’epoca pienamente condivisa da tutti.
Ribadisco – come già abbiamo fatto insieme alle altre associazioni firmatarie dell’accordo del 2007 – la disponibilità all’apertura di un tavolo di confronto con Assoporti che, nel rispetto dei principi sopra enunciati e, per quanto possibile in tempi rapidi, possa verificare la percorribilità di soluzioni migliori a tutela delle esigenze di tutte le Associazioni nazionali rappresentative delle imprese utenti ed erogatrici di tali servizi.
SICUREZZA E AMBIENTE
In tema di sicurezza della navigazione e salvaguardia dell’ambiente, dò atto al Ministro Clini di aver risposto con equilibrio ai tragici eventi di inizio anno, evitando di perseguire logiche punitive, da più parti invocate, accettando un costruttivo confronto con l’armamento e coniugando le esigenze dei traffici con quelle della salvaguardia dell’ambiente.
Tale approccio dovrebbe ispirare l’azione governativa per la risoluzione di altre problematiche aperte, come la recente imposizione alle navi passeggeri in servizio di linea di utilizzare combustibile a basso tenore di zolfo nella Zona di Protezione Ecologica.
Ebbene: si tratta di un prodotto di difficile reperimento nei nostri porti nei quantitativi richiesti dal mercato.
Non intendiamo assolutamente eludere l’applicazione delle nuove regole per la salvaguardia dell’ambiente, ma dobbiamo essere messi in condizione di poterle applicare.
Su questo punto voglio essere molto chiaro: se l’Amministrazione impone l’utilizzo di un tipo di combustibile, bisogna che il prodotto sia reperibile. In caso di comprovata carenza, non possono essere addebitate responsabilità agli armatori.
Tutto ciò senza tener conto che la cura potrebbe essere più dannosa del male, perché si corre il rischio di riportare sulla strada le merci che oggi utilizzano le autostrade del mare. E’ già successo nel nord Europa dopo l’istituzione dell’Area Controllo Emissioni del Mar Baltico.
Il trasporto via mare è la modalità più rispettosa dell’ambiente.
Mi auguro di continuare a condividere questa visione con il Ministero dell’Ambiente per rafforzare la politica dei trasporti più sostenibile.
RELAZIONI SINDACALI
Grazie all’impegno delle singole Aziende nel confronto realistico e serrato con le Organizzazioni sindacali, la crisi economica non ha prodotto ricadute negative sui livelli occupazionali.
Confitarma e Organizzazioni sindacali convengono che la difesa dell’occupazione non può prescindere dal mantenimento della bandiera italiana e quindi dal Registro Internazionale.
Di comune accordo, è stata privilegiata la difesa dei posti di lavoro rispetto alla tempistica sui rinnovi contrattuali, le cui trattative sono state rinviate e da poco riprese.
I nostri equipaggi sono elemento fondamentale per la crescita del settore. Per questo seguiamo costantemente lo sviluppo di percorsi formativi mirati al pronto inserimento nelle nostre realtà lavorative. Siamo impegnati in prima persona con la nostra società Formare.
Ne è evidente prova l’impegno profuso dall’armamento per la crescita degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) e per gli altri corsi di formazione professionale.
Abbiamo imparato la lezione degli anni ’80, quando la mancanza di una attenta politica di formazione della Gente di mare creò, non solo in Italia, le premesse dell’attuale carenza di ufficiali.
CONVENZIONE SUL LAVORO MARITTIMO
Il 21 agosto 2013 entrerà in vigore la Convenzione sul Lavoro Marittimo adottata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel 2006 che interessa oltre un milione di marittimi. La Convenzione stabilisce i diritti della Gente di mare per consentire l’applicazione dei requisiti minimi delle condizioni di un lavoro dignitoso e sicuro a bordo, con norme applicabili a livello globale, facilmente comprensibili, aggiornabili ed uniformi.
Si tratta di uno strumento internazionale definito come “il quarto pilastro” della regolamentazione per il trasporto di qualità.
A prescindere dalla pronta ratifica dell’Italia, che Confitarma auspica vivamente, è molto importante che, alla data della sua entrata in vigore, le navi nazionali che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione siano adeguatamente certificate.
Al riguardo, occorre uno stretto rapporto con l’Amministrazione per condividere preventivamente le modalità di controllo e certificazione delle nostre navi, proprio per evitare ulteriori occasioni di penalizzazione per i nostri operatori nei mercati mondiali.
CONCLUSIONI
Quando l’industria è posta nelle condizioni di poter dialogare con le istituzioni, mettendo in campo le sue conoscenze e le sue competenze, sono innegabili i risultati economici e i benefici per la collettività.
Credo sia importante – come giustamente previsto nel programma del Governo – sostenere e rafforzare settori che, nonostante l’avversa congiuntura economica, crescono e continuano a competere sui mercati.
E il nostro settore è tra questi.
Gli armatori italiani, infatti, hanno dimostrato di saper competere e di continuare a sviluppare la flotta grazie ad uno straordinario strumento di crescita: il Registro internazionale.
Un sistema complesso e delicato di norme e procedure che, per funzionare, deve essere preservato nella sua interezza.
Ma si può ancora migliorare. E a costo zero!
Basterebbe inaugurare una stagione di ammodernamento e semplificazione delle regole.
Nel contempo, nel comparto del cabotaggio occorre avviare un processo di controllo per assicurare la corretta competizione a livello comunitario.
Tutto ciò non dovrebbe costituire un problema insormontabile, visto che molto cammino è stato fatto.
E’ vero che l’ultimo tratto è il più difficile e faticoso.
Per questo ribadiamo la nostra costante disponibilità a collaborare con l’Amministrazione in tutte le sedi competenti, assicurando l’impegno e la serietà che hanno contraddistinto gli oltre 110 anni di vita della nostra organizzazione.
Un impegno che abbiamo assunto a salvaguardia delle nostre aziende e dei posti di lavoro, ma anche e sempre nell’interesse generale del Paese.
Grazie.
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