Ecologia, legno e mercati onnivori

ROMA – È indubbio, caro amico, che come diceva Eraclito tremila anni fa “niente si crea e niente si distrugge ma tutto si trasforma”. Ovvero: la plastica aveva trasformato l’utilizzo del legno, ora si torna alle origini con richieste moltiplicate. È la legge del mercato. Secondo un recente rapporto di “Inlegno” il patrimonio forestale mondiale è sempre più esposto a gravi alterazioni: gli incendi che imperversano dalla Sardegna al Canada, i cambiamenti d’uso del suolo per le produzioni agricole e i tagli boschivi indiscriminati determinano il maggiore impatto distruttivo sulle foreste. Quest’ultimo fenomeno, noto come “illegal logging”, secondo il report elaborato dal Basel Institute of Governance genera un giro d’affari di 150 miliardi di dollari l’anno e riguarda il 30% del legno commercializzato nel mondo. Il legno più soggetto al commercio illegale sarebbe il palissandro, particolarmente pregiato e utilizzato in settori contraddistinti da un alto valore aggiunto industriale, quali la costruzione di strumenti musicali e oggetti di design. Per quanto concerne gli acquirenti, invece, secondo The Guardian la maglia nera va alla Cina, mentre analizzando la provenienza la maggior parte del legno illegale arriva dall’area amazzonica del Brasile. Come riporta il quotidiano spagnolo El Mundo, infatti, il Paese che ricopre quasi la metà dell’intero continente sudamericano ha perso 1,62 milioni di ettari di superficie forestale. Non solo il Brasile, però: secondo il Global Forest Resources Assessment 2020 della FAO, negli ultimi 30 anni sono andati persi 178 milioni di ettari di foreste, un’area pari all’intera estensione della Libia. Tuttavia, aggiunge la FAO, in diverse zone del mondo si sta assistendo a importanti quote di riforestazione e grazie a una maggiore attenzione riservata all’ambiente, a un allargamento delle aree protette che, dal 1990 ad oggi, si sono incrementate di circa 191 milioni di ettari.

Non basta, ma è almeno un inizio.

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