I porti e l’autonomia energetica: quando e come?
Forse è la domanda che si pongono in molti, ma questa volta è un anziano signore (così si definisce) che ce la prospetta. Alessandro Casini ci scrive sul web:
Avete più volte riportato sia i programmi nazionali sulla transizione energetica, sia le promesse di alcuni presidenti di AdSP sulle iniziative, ben finanziate da danaro pubblico a quanto si è letto, per i singoli porti: compreso un ricco Quaderno della vostra testata sul progetto per il porto di Livorno. Mi chiedo però se basteranno i pannelli fotovoltaici previsti dal progetto e l’accenno alle torri eoliche, che non si usa bene dove andranno. Dagli interventi che appaiono su vari media, anche i più specializzati, sia i dirigenti di Enel, sia di Terna hanno messo in guardia sui facili entusiasmi, e non solo per i porti. Cioè: pannelli e torri eoliche, anche le più efficienti dell’ultimissima generazione, non possono bastare alle esigente di energia dei porti, che sono “energivori” per eccellenza. Se poi si considera la sconsiderata direttiva della UE per elettrificare le banchine destinate alle navi sia commerciali che da crociera, si va veramente al libro dei sogni. Si configurano cioè richieste di energia elettrica nettamente superiori alle attuali, che già ci stanno procurando (guardiamo alle nostre bollette) costi stratosferici. Mi chiedo se l’unica soluzione possibile, a parte i pannicelli caldi dei pannelli e delle torri eoliche, oggi non sia davvero una corsa al nucleare: nella quale partiamo in forte ritardo (e lo sconteremo) per lo sciagurato referendum con il quale la mia generazione ha cancellato i già avanzati esperimenti in quel senso, sulla spinta emotiva del famoso disastro in Ucraina. Quanto tempo ci vorrà rimetterci in pari, per esempio con la Francia che ci vende energia “nucleare”?
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Caro signor Casini, confessiamo che ne sappiamo quanto lei. Perché è vero quanto afferma sul nucleare, è vero che ci siamo giocati non solo il presente anche il prossimo futuro sul nucleare (oggi pulito, a quanto ci dicono), ed è vero che pannelli e torri non produrranno mai abbastanza per i consumi dei porti. Serviranno, magari da domani quando le navi saranno attrezzate, gli impianti di banchina come quello – ad oggi unico potenzialmente operativo – di Livorno? Vogliamo sperare che il diktat della UE per il “cold ironing”, ovvero per le stazioni di energia elettrica in banchina a servizio delle navi, almeno domani possa avere una funzione concreta: ad oggi quello di Livorno a svariati anni dalla sua realizzazione è ancora…vergine. E poi la corrente elettrica che potrebbe fornire viene dalla rete, ed è prodotta da centrali che vanno ancora a carbone, o a olio pesante, o al massimo a gas che è comunque un combustibile fossile. Dunque, c’è ancora tanto da correre per avere davvero i porti “carbon free”: ma da qualche parte bisogna pur cominciare…
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