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Merlo (Assoporti): Urge confronto UE sulle concessioni

ROMA – Nuove formule finanziarie, supportate da normative, comunitarie e nazionali, coerenti con l’obiettivo primario di incentivare investimenti privati in porti, mai come oggi, compressi fra l’esigenza di realizzare nuove infrastrutture (in particolare nel settore container) e la carenza ormai cronica di fondi pubblici.

[hidepost]E’ questa la parola d’ordine della conferenza su port finance e investment tenutasi nei giorni scorsi a Londra. Il quadro che è scaturito – dice una nota di Assoporti – è doppiamente allarmante per l’Italia che rischia una volta di più di partire in grande ritardo rispetto alla concorrenza nord europea (è entrato in questi giorni in funzione il primo mega terminal oceanico per grandi navi porta container, quello di Wilhelmshaven) e mediterranea (a Barcellona è stato inaugurato il nuovo Terminal Catalunya di Hutchison Port Holding e sono stati decisi 100 milioni di investimenti nei terminal esistenti).

“I porti italiani – ha detto Luigi Merlo, presidente di Assoporti – chiedono con urgenza al governo di aprire un confronto con l’Unione Europea sia sul tema dei tempi delle concessioni che Bruxelles vorrebbe ridurre, mettendo ovviamente a rischio, la possibilità di attrarre nuovi investitori in banchina, sia  sulle regole del gioco che il commissario ai Trasporti Siim Kallas, ha confermato voler riscrivere nell’ottica di una maggiore trasparenza, di certezze per gli operatori  e di un ingresso in banchina di soggetti esterni al sistema”.

“E’ un momento delicatissimo – ha detto ancora Merlo – anche perché la dimensione della sfida lanciata dal mercato e dai grandi container operators non consente esitazioni di sorta. E’ per altro significativo come il governo spagnolo e quello della Catalogna, impegnati in un taglio drastico di tutte le spese, abbiano invece incrementato i fondi per la portualità”.

Entro il 2015 alcune fra le maggiori concessioni di terminal portuali in Europa arriveranno al giro di boa del rinnovo, e il clima di incertezza potrebbe mettere a rischio i massicci investimenti che i privati hanno pianificato per i prossimi anni. Per altro sembra inevitabile che nei prossimi anni una consistente svendita di assets portuali (sta già accadendo in Gran Bretagna) sia destinata a penalizzare ulteriormente i paesi, Italia in primis, che denunciano forti rigidità amministrative e che non hanno generato condizioni  di reale autonomia finanziaria.

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Pubblicato il
3 Ottobre 2012

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