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Il valore dei pani e dei pesci

LIVORNO – Qualcuno tempo fa mi faceva notare, citando vari esempi, che in Italia non c’è niente di tanto definitivo quanto il provvisorio. Ma senza allargarci tanto all’intero Paese, il principio vale anche per Livorno, e non solo sulla “Porto 2000”. Fermiamoci a quest’ultima, per oggi. Fondata nel 1996 con uno dei consueti colpi d’ala dell’allora presidente dell’Authority Nereo Marcucci, la “Porto 2000” aveva già “ab ovo” due caratteri marcati nel Dna: quello che sarebbe rimasta pubblica per poco (come peraltro prescrive la legge 84/94 istitutiva delle Port Authorities); e quello che nasceva per produrre utili, condizione “sine qua non” per poter essere poi collocata sul mercato.
Alla luce di quanto è avvenuto, si potrebbe dire che il provvisorio della “Port Authority” è durato la bellezza di 16 anni, ha visto passare sulla poltrona dell’Authority ben tre presidenti e due commissari, e rischia di non vedere soluzioni concrete – malgrado i proclami – nemmeno in questo 2010.
Lasciamo perdere il passato, con le note vicende giudiziarie (peraltro non ancora arrivate in tribunale: adelante Pedro, con juicio): adesso tutti dicono che la “Porto 2000” è uno strumento perfettamente risanato, che macina utili. E allora, perché non privatizzare? Perché non monetizzare da parte della Port Authority quei valori conclamati, mettendo a disposizione del bilancio del porto quei milioni di euro che probabilmente consentirebbero lavori altrimenti in attesa di un Tremonti distratto o convertito?
La risposta sembra facile e forse lo è; mentre invece non è facile la soluzione. Authority Portuale e Camera di Commercio non monetizzano perché non sanno bene che cosa monetizzare.
Mi spiego: le navi da crociera e i traghetti hanno certamente un vantaggio dall’esistenza nel porto di Livorno di due stazioni passeggeri e relativi piazzali. Ma il vero valore aggiunto per loro è costituito dalle banchine; e in particolare dalla garanzia di poter attraccare a “quelle” determinate banchine al momento in cui il loro programma (specie le crociere) le porta fare scalo. Garanzia che ancora oggi a Livorno non esiste, con tutto il daffare che si è dato e che si da l’amministratore della “Porto 2000” Guido Asti. Ci si affida a banchine commerci ali, alla ex 75, all’alto fondale dei containers. Ma un porto delle crociere – che pure rendono, e rendono tanto – non esiste.

Ecco perché finché non ci saranno banchine dedicate, e banchine dedicate sufficienti alle navi sempre più grandi che operano con i passeggeri (traghetti e crociere) tentare la privatizzazione della “Porto 2000” rischia d’essere un flop. O di vendere qualcosa che, con le banchine davvero dedicate, potrebbe valere il doppio o il triplo.

E allora, che si aspetta a “dedicare” queste banchine? La domanda va girata all’Autorità Portuale. Che a sua volta risponde di non essere attrezzata per il miracolo di moltiplicare pani e pesci, ovvero spazi e calate. E il giochino rischia di girare a vuoto ancora per chissà quanto….

Antonio Fulvi

Pubblicato il
10 Febbraio 2010
Ultima modifica
23 Febbraio 2010 - ora: 11:43

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