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Ecco i robot sottomarini della Toscana che lavorano in autonomia a sciami

La presentazione ufficiale al largo di Livorno ha confermato le potenzialità dei minisottomarini da ricerca – E in futuro arriveranno anche modelli ancor più piccoli ed economici

Andrea Caiti

LIVORNO – Sono il risultato di un “brain storm” durato più di due anni, tra le migliori università scientifiche della Toscana. Ma quale risultato! Sono capaci di lavorare in “sciame”, coordinandosi tra di loro senza alcun intervento umano esterno. Possono scendere fino a 300 metri di profondità, accelerare fino a oltre 5 nodi, filmare, fotografare ed analizzare il fondo del mare ed eventuali oggetti che vi scoprano.
[hidepost]Si chiamano “TifOne”, dove la “O” maiuscola è sinonimo di Uno, cioè di primo modello, con l’evidente intenzione di farlo seguire da altri, ancora più specializzati e prestazionali. E’ il futuro – giurano i ricercatori che sono i padri del progetto – della ricerca subacquea e non solo per dare la caccia ai tesori sommersi, ma anche e specialmente per scopi scientifici, ambientali e commerciali. Le loro potenzialità sono state illustrate dal team dei ricercatori del progetto, con la collaborazione dei Vigili del Fuoco della sezione nautica, anche in una uscita in mare dove un “TifOne”, tenuto ancora al guinzaglio di un gommone solo per motivi di sicurezza, si è immerso ed ha evoluto tra la superficie e il fondale rispondendo alla mappatura dei propri circuiti.
I robot sottomarini “TifOne” sono il risultato di un progetto interuniversitario Thesaurus, finanziato in larga parte dalla Regione Toscana e sviluppato sotto la supervision della Soprintendenza archeologica della Toscana, il cui gruppo subacqueo è diretto dalla dottoressa Pamela Gambogi. Con lei erano presenti alla presentazione i professori Andrea Caiti, coordinatore del progetto e operativo presso la facoltà di ingegneria a Pisa, Benedetto Allotta di ingegneria di Firenze, Ovidio Salvetti del CNR di Pisa e Denise La Monica della scuola Normale superiore di Pisa: tutti parte importante del progetto e impegnati non solo nella ricerca ma anche più volte nella costruzione fisica dei prototipi. I robot realizzati sono ancora prototipi, ma già pienamente efficienti: solo lunghi 3 metri, siluriformi, dotati di motori elettrici con velocità operative di 2,2 nodi e massime di oltre 5, capaci di portare un’impressionante panoplia di sensori: dalle fotocamere in 3 D per la mappatura dei fondali ai sensori in grado di individuare anomalie dell’acqua marina, rilevatori di pressione e di salinità, sonar a scansione laterale, registratori autonomi vari. Hanno 8 ore di autonomia e una volta rilasciati in mare sono in grado di operare, come detto, in piena autonomia sulla base della “missione” inserita nei loro circuiti. La caratteristica più innovativa forse è che possono lavorare in coordinamento tra tre o più esemplari: uno rimane in superficie per dare istantaneamente la posizione sul segnale satellitare Gps. Gli altri scandagliano il fondale e inviano al “compagno” di superficie tutte le immagini che rilevano, in modo da avere una loro precisa collocazione nella mappa del luogo.
La dottoressa Gambogi, che ha partecipato anche alle varie sperimentazioni del passato (a luglio le prime uscite in mare si sono svolte dal porticciolo di Antignano) ha sottolineato che le prove fatte su un relitto già identificato (una vecchia nave militare Usa della II guerra mondiale) hanno dimostrato l’estrema precisione di questi AUV (veicoli autonomi senza guida umana). La loro utilizzazione diventa, a questo punto, una risorsa non solo ambientale ma anche tecnico-geografica: sul solo Tirreno, ha ricordato la Gambogi, esistono oltre 600 relitti conosciuti, ma trattandosi di un mare crocevia delle rotte più antiche, ci sono ancora migliaia di navi affondate di tutte le epoche, entro la fascia accessibile ai “TifOne”, che aspettano di essere scoperte. E il professor Allotta, parlando con i giornalisti, ha rivelato che sono in fase di progettazione nei loro studi anche altri AUV miniaturizzati, gran di poco più di un vassoio da portata, che saranno ovviamente meno eclettici ma anche meno costosi e capaci di lavorare anch’essi in sciame. Il futuro, insomma, è appena cominciato.
Da sottolineare che l’intero progetto è costato 1,8 milioni di euro e a regime ogni “TifOne” costerà quanto un’auto media, meno di 30 mila euro. Intanto è diventato un incubatore di giovani: su una ventina che hanno lavorato agli AUV toscani, 9 ricercatori del progetto hanno già trovato un futuro.
A.F.

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Pubblicato il
31 Agosto 2013

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