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Regolamento dei dragaggi, poche aperture

Il testo rimane bloccato per alcuni emendamenti “fuori tema” sulle trivellazioni marine – Il discrimine rimane quello della assoluta pulizia delle sabbie per poterle sversare in mare

Corrado Clini

ROMA – Dal neo-ministro dell’Ambiente Corrado Clini il messaggio di Natale è positivo.

“A Durban, dal vertice sul clima – ci ha dichiarato – siamo usciti con un risultato che giudico positivo. Siamo usciti finalmente dal cono d’ombra del precedente vertice di Copenaghen. Adesso si tratta di lavorare per rendere operative le varie scelte”.

Se il ministro è soddisfatto per il clima mondiale, per quanto riguarda l’Italia è invece sotto pressione per molti altri temi, primo dei quali quello relativo ai dragaggi portuali. Per vari motivi: intanto c’è la legge, il testo unico della tutela ambientale, che all’art. 109 continua ad essere determinante per i limiti che esistono ai dragaggi portuali e specialmente all’eliminazione dei relativi fanghi. Poi ci sono le scelte contingenti. Che fanno capo al nuovo regolamento dei dragaggi portuali, da tempo sul tavolo del ministro – e del suo alto dirigente che adesso ha l’ìnterim del settore, Renato Grimaldi – sul quale si appuntano tutte le speranze dei porti, ma che sta scontando un imprevisto ritardo per colpa di alcuni emendamenti (assolutamente fuori tema, secondo quanto siamo riusciti ad apprendere) proposti dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti prima del nuovo governo.

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Gli emendamenti proposti dal MIT (Ministero Infrastrutture e Trasporti), secondo fonti dell’Ambiente, erano stati inseriti nel testo del regolamento dei fanghi portuali ma riguardavano le trivellazioni petrolifere in mare, le cave di sabbia marina ed altri provvedimenti del tutto avulsi dalla tematica principale. C’è anche una specie di “giallo” dietro la vicenda. Perché in un vertice a fine settembre allo stesso ministero dell’Ambiente – di cui abbiamo anche riferito nei numeri scorsi – a fronte di una totale assenza del ministero dello Sviluppo (pur convocato) i rappresentanti del MIT hanno fatto mettere a verbale di essere d’accordo sullo stralciare le richieste “fuori tema”, ma hanno anche riportato una nota del direttore generale Cosimo Caliendo secondo la quale si ribadiva che le suddette richieste “erano state proposte per decisione del ministero stesso”. Una presa di distanza di Caliendo in vista di già ipotizzati cambi di ministro?

Comunque siano andate le cose, la posizione del ministro Clini e dell’attuale dirigente ad interim del comparto, Renato Grimaldi, sono state chiarite a “La Gazzetta Marittima” da una fonte ufficiale: in linea generale lo scarico in mare dei fanghi di dragaggio dei porti potrà essere autorizzato, ma solo se gli istituti di certificazione (prima di tutto l’Ispra, ovvero Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale) garantiranno in modo documentale che i suddetti fanghi sono puliti, anzi pulitissimi, tali da poter eventualmente essere anche utilizzati per il ripascimento dei litorali sottoposti a erosione. Con una domanda sottintesa: perché se i fanghi in questione fossero davvero puliti, le Regioni non li utilizzano davvero per i ripascimenti, tante volte più urgenti degli stessi dragaggi?

Se tutto questo vale a livello nazionale – chiarisce ancora il ministero – per i siti SIN le regole sono ancora più restrittive. I siti SIN sono in Italia una ventina per quanto riguarda i porti, e rimangono a metà del guado, nel senso che le procedure sono ancora più rigide e il regolamento tanto atteso non potrà andare contro la legge. Per alcuni porti poi, come Livorno, le speranze di scaricare i fanghi in mare (per quanto fossero puliti: il che è da dimostrare) trovano presso il ministero un’ulteriore cautela. “Il porto di Livorno è tra quelli che rientrano in pieno nel Santuario dei cetacei”- dicono a Roma – e quindi richiede ulteriori cautele per sversare in mare anche un solo cucchiaio di fanghi di dragaggio”.

Sembra dunque definitivamente tramontata la speranza – sulla quale si erano basati anche molti presidenti di Autorità Portuali pressati dall’urgenza di dragare – di avere in tempi rapidi il sospirato nuovo regolamento.

E in particolare sembra tramontata la speranza che quando arriverà il suddetto regolamento possa risolvere il problema dei porti, visto che ipotizzare all’interno dei bacini portuali sabbie davvero “pulite” fa parte dei sogni piuttosto che delle realtà. Almeno nella maggioranza dei casi.

A.F.

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Pubblicato il
24 Dicembre 2011

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