Ikea, corridoi e dubbi
L’atteggiamento dell’Authority portuale e l’esempio di Santo Stefano Magra – Il Bucchioni-pensiero e la polemica

Lorenzo Forcieri
LA SPEZIA – Da una parte, l’obiettivo di tante industrie che da anni puntano a sdoganare le merci in arrivo direttamente nei propri capannoni, come accade sempre di più in altri paesi, riducendo i tempi di passaggio negli “imbuti” portuali. Dall’altra la tutela della professionalità, ma anche degli investimenti in anni di specializzazione e di strutture, di chi nei porti si occupa dello sdoganamento delle merci.
Posizioni inconciliabili? A La Spezia lo scontro s’è fatto duro quando è nata la soluzione Ikea per il “corridoio doganale”, un esperimento che per spedizionieri e doganalisti ha suonato come minaccia al proprio lavoro.
[hidepost]Si è data molta importanza, nei giorni scorsi, all’iniziativa del presidente dell’Autorità portuale spezzina Lorenzo Forcieri per cercare di conciliare l’inconciliabile. Il lungo documento dell’Authority, in cui si ribadiscono le volontà di migliorare “il sistema spezzino” per ridurre i tempi di sdoganamento in banchina, non cambia molto sul piano dei fatti. Lo conferma un inciso che è stato da molti messo in ombra. “E’ stato chiarito che l’Autorità portuale non è l’ente cui dovevano essere rivolte le rivendicazioni relative al progetto Ikea”. Vero: perché il tema dei corridoi doganali (diversi dai corridoi logistici, come è stato più volte scritto) esula dagli indirizzi dell’Authority spezzina; anche se non può essere marginalizzato nel dibattito che la stessa Authority avoca a se “ponendosi alla testa – scrive l’Authority – dei processi di cambiamento e innovazione in tema di portualità e logistica”. Può sembrare una contraddizione: e sotto certi aspetti, bisognerà arrivare a chiarire se questi “corridoi doganali” che anche in altri porti vengono visti come risorse ma anche come minacce (a secondo di chi li esamina) possono diventare una realtà senza sconvolgere professioni e sistemi. I “corridoi” per esempio funzionano, e non sembra nemmeno male, per alcuni interporti inland dove l’Agenzia delle dogane ha aperto i propri uffici. Certo, molto dipende dalle quantità di merci e dai flussi. E molto dipende dalla duttilità professionale degli stessi spedizionieri. Per il resto va benissimo, come è scritto nel documento spezzino dell’Authority, “ampliare e potenziale il pre-clearing e dare concreta attuazione allo sportello unico doganale assegnando all’Agenzia il ruolo di coordinatore di tutti i controlli estendendone gli orari d’attività”. Diventa una visione prettamente spezzina – e sia chiaro che non per questo meno valida – la terza richiesta, di “limitare la sperimentazione in atto dei corridoi doganali” quando si ammette che in fondo si tratta di un’estensione di quanto La Spezia sta facendo con ottimi risultati nel corridoio tra il porto e il retroporto di Santo Stefano Magra.
E allora? In ambito spezzino va bene ma se esteso ad altri interporti altrettanto bene organizzati non va più bene? Forse sarà il caso di chiarire meglio. Anche perché il tema ha registrato un intervento assai articolato del presidente degli industriali spezzini, Giorgio Bucchioni, che tra l’altro è stato uno dei primi presidenti dell’Authority oggi retta da Forcieri. Intervento probabilmente sbilanciato a favore dello status quo, al quale Forcieri ha risposto quasi con sarcasmo in due pagine di serrate contestazioni, concluse con l’accusa allo stesso Bucchioni – che in sostanza poneva il problema di impedire una proliferazione dei corridoi doganali senza le adeguate motivazioni – di “combattere battaglie di retroguardia”. Siamo, in sostanza, a uno scontro che quasi certamente non si chiude con i confronti di questi giorni.
A.F.
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