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Economia marittima italiana, ecco i limiti

Silvia Moretto

MILANO – Ancora un’analisi, seria ed approfondita sull’economia marittima del Paese. È del presidente di Fedespedi Silvia Moretto, intervenuta alla presentazione del 8° rapporto Italian Maritime Economy di SRM, centro di ricerca del quale la Federazione nazionale delle imprese di spedizioni internazionali è partner.

“Il Covid-19 ci ha lasciato una lezione da imparare – ha sottolineato tra l’altro Silvia Moretto – quando il mercato è controllato da pochi operatori vi sono grandi rischi. I carrier marittimi concentrati in tre grandi alleanze hanno saputo controllare intelligentemente la capacità di stiva disponibile per contenere i costi. Lo hanno potuto fare perché esiste il Consortia Block Exemption Regulation UE che consente alle shipping line di scambiarsi dati commercialmente sensibili al fine di condividere la capacità di carico sulle navi e coordinare la programmazione delle rotte. Si tratta di una deroga alle normative antitrust europee cui sono soggette, invece, tutte le imprese operanti lungo la supply chain marittima. Questa condizione ha portato oggi a noli quintuplicati rispetto al periodo pre Covid sulle principali rotte commerciali (Europa-Far East e Transpacifica), a congestione dei porti, penuria di container, affidabilità che è arrivata a toccare il picco negativo del 35%, il tutto con inevitabili ricadute sui prezzi al consumo.

Le conseguenze di questa situazione le paghiamo tutti: terminalisti, spedizionieri, caricatori, consumatori finali. Con una eccezione: le compagnie di navigazione, che secondo i dati elaborati da SRM, hanno guadagnato 27 miliardi di dollari nel 2020, numero destinato a triplicarsi nel 2021 arrivando a sfiorare secondo Drewry i 100 miliardi”.

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“In questi giorni è stato raggiunto un primo accordo a livello OCSE sulla Global Minimum Tax, che dovrebbe regolamentare il mondo delle grandi multinazionali” ha aggiunto il presidente Moretto “Ebbene, l’unico settore che sembra essere esentato dalla nuova tassazione al 15% è quello armatoriale. L’ITF ha calcolato che attualmente la tassazione media per gli armatori sia al 7%: auspichiamo si possa porre rimedio a questa situazione di chiara distorsione del mercato quantomeno limitando il vantaggio alle sole attività svolte a mare, escludendo quelle a terra, gestite anche dagli attori della supply chain che non godono di alcuna esenzione. In autunno, inoltre, è prevista una ulteriore consultazione promossa dalla Commissione Europea su una revisione del CBER. Speriamo che questa volta la voce di tutti gli attori della supply chain marittima venga ascoltata”

“A livello italiano” ha concluso la presidente “occorre agire su un altro punto debole delle catene globali del valore: l’utilizzo della resa Ex Works da parte del 73% delle aziende. In questo momento si parla molto di nearshoring e accorciamento delle filiere per ridurre i rischi di rotture di stock e difficoltà di approvvigionamento. Strategie di questo tipo funzionano quando le aziende decidono di presidiare la loro logistica, piuttosto che delegarla a soggetti terzi. In Germania solo il 30% delle imprese vende in Ex Works: per questo da anni il Paese è primo nel ranking LPI della Banca Mondiale, per questo la logistica tedesca si è organizzata e sviluppata in maniera efficiente e risponde efficacemente ai bisogni delle imprese. Con le risorse del PNRR possiamo colmare il gap infrastrutturale del nostro Paese – sia materiale sia digitale – ma occorre anche ragionare su come incentivare le imprese italiane ad abbandonare il franco fabbrica e riprendere il controllo della loro supply chain. Sarà un percorso importante e obbligato, dati i nuovi trend: l’e-commerce, che cresce ormai costantemente a tassi double digit ed è letteralmente esploso con la pandemia, è incompatibile con l’approccio “Ex Works”. Per cogliere questa opportunità le imprese italiane devono adeguarsi al cambiamento in atto nelle abitudini di acquisto e consumo. Fedespedi e Confetra stanno lavorando intensamente a fianco delle istituzioni, in particolare il MIMS, per dare attuazione ai progetti del PNRR: Sudoco, E-CRM, laboratori di analisi, riforma della disciplina civilistica sul contratto di spedizione. La sfida per l’Italia è fare sistema tra pubblico e privato, usando il Recovery Fund per colmare un gap di 50 anni e accrescere così la competitività della nostra manifattura, del Made in Italy”.

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Pubblicato il
14 Luglio 2021

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