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Il fine vita delle barche di vetroresina

TRIESTE – Il mondo del diporto industriale è coinvolto in uso responsabile dei materiali di produzione per mitigare gli effetti del fine vita, soprattutto riferito ai materiali compositi difficilmente riciclabili. Un tema che, anche parlando di numeri molto piccoli rispetto ad esempio a quelli dell’automotive, deve coinvolgere tutti i settori produttivi.

Il Consiglio di Confindustria Nautica, svoltosi iconicamente nell’ultimo giorno del Salone Nautico di Genova, ha deliberato la costituzione di un Comitato Sostenibilità, presieduto dalla presidente dell’Assemblea Yacht, Barbara Amerio.

Nei giorni scorsi Barbara Amerio è intervenuta al “Sea Summit” di Trieste, organizzato da Barcolana 53, per testimoniare l’impegno e le intenzioni dell’industria.

Ringraziando il presidente di Barcolana per l’opportunità e la voce data dalla manifestazione velica più grande al mondo a questo tema, Amerio ha ricordato come “per quanto riguarda gli scafi da diporto in vetroresina si deve riconoscere che non è puramente un problema del costruttore, né del proprietario, ma di una filiera molto più allargata dovuta ai lunghi tempi di obsolescenza – in termini di decenni dal primo utilizzo – tipici delle barche da diporto. Oggi assume un significato diverso anche la progettazione, che se vista nell’ottica del futuro disassemblaggio, potrà portare indiscutibili vantaggi”.

Per avviare una filiera del < fine vita > sono necessarie normative specifiche che disciplinino le responsabilità giuridiche, le metodologie, i percorsi tecnici di tutte fasi che necessariamente precedono il momento del trattamento della vetroresina. La raccolta, il trasporto e lo stoccaggio delle unità, messa in sicurezza e bonifica, il disassemblaggio, la separazione dei materiali da avviare alle filiere del riciclo, la riduzione volumetrica del manufatto nudo.

Non sono pensabili normative improvvisate, basate su nuove tasse. Il numero di nuove barche prodotte ogni anno è così esiguo rispetto alla flotta che non sarebbe sostenibile. Né è ipotizzabile che l’Italia si muova fuori da un quadro di coordinamento europeo. Tuttavia si possono studiare soluzioni, probabilmente di tipo assicurativo, in grado di spalmare gli oneri su tutta la durata di vita del prodotto.

“Intanto cosa possiamo cambiare?” – Si è domandata Amerio – “Le linee di azione sono la prevenzione e riduzione del materiale non riciclabile presente a bordo, la progettazione finalizzata, al disassemblaggio, l’utilizzazione degli scarti in un’ottica di produzione di energia, incentivare ricerche e sviluppo di filiera ed universitarie per studiare nuovi biocompositi alternativi a compositi tradizionali, come il basalto e il carbonio o riutilizzati in altri settori, l’utilizzo di componenti rigenerati. Una delle prime idee su cui il Comitato Sostenibilità di Confindustria Nautica sta lavorando è una banca dati dei materiali alternativi a quello non riciclabili”.

Pubblicato il
16 Ottobre 2021

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