Otto milioni di “auto fantasma”, una su sei: cosa c’è dietro
Un esercito di furbi, criminali e prestanome: gli strani giri e le auto usate sparite all'estero
ROMA. Nel nostro Paese circolano più di 53 milioni di veicoli, le auto sono arrivate a oltrepassare la soglia dei 41 milioni. Ma dietro questo numero impressionante ce ne sono altri ancora più rilevanti: l’età media è «superiore ai 12 anni», e questo vuol dire che in gran parte appartengono a «tecnologie datate e classi ambientali obsolete» (il che ha «ricadute rilevanti» tanto in termini di inquinamento quanto sotto il profilo della sicurezza stradale). Il parco veicolare elettrico conta – con circa 230.000 autovetture, lo 0,56% del totale – cresce ma rimane concentrato in alcune aree del Paese. Dentro a questo enorme esercito di vetture, camion e tutto il resto, esiste un problema che nessuno immaginerebbe di queste proporzioni: le chiamano le “auto fantasma” e sono «circa otto milioni di veicoli immatricolati che non risultano assicurati o sottoposti a revisione periodica». Buona parte di essi («oltre 5 milioni») appartengono alle categorie emissive più basse, quelle che arrivano tutt’al più a “Euro 4”, ma in realtà non mancano affatto né le auto “euro zero” o “euro 1”.
Sono questi i dati emersi nelle parole del commissario straordinario dell’Automobile Club d’Italia, Tullio Del Sette: le ha dette intervenenendo al talk “Città metropolitane, territori intelligenti per un futuro sostenibile” intervistato dalla moderatrice Chiara Giallonardo, in una delle iniziative all’ “Impatta Disrupt, Festival dell’Innovability”, anche come partner di “Earth Day Italia”, manifestazione nata nell’ambito delle celebrazioni per la “Giornata Mondiale della Terra delle Nazioni Unite”, alla Casa del Cinema di Roma.
Al di là delle dichiarazioni del commissario, se guardiamo alle statistiche prodotte dall’Aci sul proprio sito web, balza agli occhi che ad esempio le auto euro zero sono più di tre milioni e mezzo. Nessuna frenesia da consumismo automobilistico per cui è indispensabile cambiare l’auto ogni due-tre anni ma resta il fatto che qui parliamo di euro zero, cioè auto immatricolate prima dell’inizio del ’93, che sono estremamente inquinanti per via del tipo di carburante e non hanno nessun tipo di sistema di filtraggio dei gas di scarico. Comunque, fino a euro 3 compreso ci riferiamo a veicoli che in genere sono stati immatricolati almeno 18 anni fa.
È vero che con gli euro zero siamo tutt’al più all’8,6% del totale ma, anche se è solo un auto su 12, vuol dire comunque migliaia e migliaia di veicoli in ogni città anche soltanto media. Non solo: se restringiamo il campo alle utilitarie a benzina, ci accorgiamo che è lì che si concentra il grosso: 2,1 milioni di vetture al di sotto dei 1400 cc. In cifre: più del 14% delle macchine, una su sette. Se aggiungiamo anche categorie appena più moderne, ecco che le vetture fino a euro 3 compreso, fra le utilitarie a benzina rappresentano addirittura 5,2 milioni di auto, quasi la metà di quelle che sono in giro.
La distribuzione sul territorio non è così omogenea: segno che in buona misura la presenza di auto vecchie e inquinanti deriva dalle minori disponibilità economiche di larghe parti del Paese, soprattutto al Sud. Per riuscire a ridurre le emissioni, l’Aci promuove anche la “micromobilità”. L’ Aci tiene a sottolineare che lavora al fianco delle amministrazioni locali per arrivare a linee guida in grado di garantire «un utilizzo sicuro e ordinato di monopattini elettrici, biciclette a pedalata assistita e altri dispositivi affini».
Andando al di là di quanto detto dal numero uno dell’organizzazione degli automobilisti, nel vastissimo arcipelago delle “auto fantasma” ve ne sono alcune ancor più “fantasma”: sono state, ad esempio, al centro di un “data room”, una di quelle inchieste del team di Milena Gabanelli pubblicata qualche tempo fs sul “Corriere”. Parte da una storia curiosa: una automobilista che fa benzina al distributore ma non paga, il gestore segnala il numero di targa alla polizia stradale e attraverso le indagini si risale a un tizio agli arresti domiciliari e con un portafoglio auto da far invidia a un grande autonoleggio: risultava intestatario di 900 vetture. Non era il solo: il dossier cita anche i casi di un ventottenne che ne aveva intestate 386 e, tempo addietro, un giovane ne aveva 2.609. Ovviamente come prestanome.
Un’analisi delle polizie locali dell’Anci indicava allora che c’era un bel gruppo di “professionisti” in questo campo: erano state individuate 96.887 auto intestate a 430 persone, più di duecento a testa in media, e in genere intestatari irreperibili. A chi servono? Ai criminali per compiere reati: sono mezzi che rendono difficile risalire ai banditi. L’esempio è in un caso in Veneto: una gang che riesce a far intestare 1.279 vetture a sei persone senza fissa dimora, se ne sono serviti per 102 rapine e furti tanto in Italia che all’estero, secondo la Direzione antimafia.
Figuriamoci se in tandem con i delinquenti non compariva anche un’altra categoria, quella dei furbacchioni: chi vuol evitare “seccature” come pagare multe o pedaggi, chi vuol farla franca in ogni caso perché pensa di essere un ganzo. O anche solo perché nei circuiti dell’ economia informale – il “sommerso”, insomma – magari un’auto può sparire all’estero come l’automobilista fosse in gita o volesse trasferirsi. Vendi l’auto usata, spesso molto usata, ma senza passaggio di proprietà: diventerà una vettura da cannibalizzare per i pezzi di ricambio o comunque sparirà in qualche paese lontano, fra false dichiarazioni di furto e reimmatricolazioni chissà dove.