Il volontariato pagato dall’azienda in orario di lavoro: l’idea di Linde
Coinvolge il 31% delle grandi aziende: si adotta la giornata solidale retribuita
ARLUNO (Milano). Stavolta se mettiamo Linde sotto i riflettori non è per parlare di qualche gas industriale o per illustrare una nuova tecnologia con l’idrogeno, ma qualcosa che forse senza gas e tecnologia non potrebbe esistere e tuttavia è molto più interessante e innovativo nei rapporti interni. Stiamo parlando del volontariato aziendale retribuito. Ne dà notizia l’azienda, segnalando che la filiale italiana di Linde Plc ha annunciato che «ogni dipendente potrà svolgere attività di volontariato per un giorno intero, durante la settimana lavorativa, percependo la regolare retribuzione come da contratto». A far volontariato ma pagati dal proprio datore di lavoro «proprio come una normale giornata di lavoro».
Linde Medicale e Linde Gas Italia, quartier generale ad Arluno nell’hinterland milanese, fanno parte del gruppo multinazionale Linde Plc (public limited company) e dispongono di una vasta rete di depositi e punti vendita dislocati su tutto il territorio nazionale. Linde – spiega l’azienda per presentare l’iniziativa – è una realtà leader mondiale nel settore dei gas industriali e dell’ingegneria, un gigante che a livello globale ha «un fatturato di 33 miliardi di dollari nel 2024»: serve diversi mercati finali come «quello chimico ed energetico, alimentare e delle bevande, elettronico, sanitario, manifatturiero, metallurgico e minerario». I gas industriali e le tecnologie Linde sono utilizzati in innumerevoli applicazioni: tra queste «la produzione di idrogeno pulito e sistemi di cattura del carbonio fondamentali per la transizione energetica, ossigeno medicale salvavita e gas ad alta purezza e speciali per l’elettronica».
Linde vuol presentarsi come «un modello virtuoso di responsabilità sociale d’impresa, in grado di generare valore sia per le aziende che per le comunità in cui operano»: come detto, con la possibilità per i dipendenti di «dedicarsi ad attività di volontariato durante l’orario di lavoro, mantenendo la normale retribuzione». Per Linde è «un importante riconoscimento del valore dell’impegno sociale». Ma è una scelta che rappresenta sì un salto di livello ma viene da lontano: l’azienda – viene segnalato – già da tempo ha avviato «esperienze di volontariato d’impresa, ottenendo tra l’altro un riconoscimento da Opera Cardinal Ferrari». Sono già definite le prime attività: partono «a Milano proprio con Opera Cardinal Ferrari Onlus e a Roma con Caritas».
«Crediamo che donare tempo sia uno dei gesti più preziosi – sottolineano in Linde Italia – e siamo convinti che queste esperienze arricchiscano non solo chi riceve, ma anche chi dona. Insieme possiamo fare la differenza, un giorno alla volta».
Dal quartier generale di Linde si spiega che per mettere in piedi programmi di volontariato aziendale non basta la buona volontà: richiede «un percorso strutturato». Ad esempio, è essenziale «stabilire contatti con le realtà di volontariato presenti sul territorio» e il coinvolgimento attivo dei dipendenti rappresenta un elemento cruciale (occorre comunicare loro «sia il significato e il valore dell’iniziativa sia gli aspetti organizzativi pratici»).
Quel che distingue il volontariato aziendale rispetto ad altre forme di volontariato è proprio la componente retributiva: chi impegna quelle ore nella tal o talaltra iniziativa di volontariato continua a «percepire il normale compenso, come se stessero svolgendo le loro regolari mansioni lavorative». Il passaggio non va sottovalutato: si trasforma l’impegno sociale in «un’attività integrata nella cultura aziendale, piuttosto che in un’opzione extra-lavorativa che richiederebbe ai dipendenti di sacrificare il proprio tempo libero».
Il volontariato d’impresa è una pratica «sempre più diffusa a livello internazionale» e, da alcuni anni, è promossa con successo anche nel nostro Paese. Lo dice la ricerca realizzata nel 2023 da Fondazione Terzjus in collaborazione con Unioncamere: il volontariato d’impresa «non è un fenomeno residuale nel tessuto economico del Paese, dal momento che coinvolge direttamente circa il 31% delle imprese medio-grandi» (si veda il terzo rapporto dell’Osservatorio Sodalitas sulla sostenibilità sociale d’impresa).
Tale report dell’Osservatorio Sodalitas evidenzia che il Terzo settore nel nostro Paese è «in continua espansione»: il valore economico nel 2022 è stato stimato intorno agli 84 miliardi di euro. Anche l’Istat, che dal 2015 ha avviato il Censimento permanente delle istituzioni non profit, certifica la vitalità del contesto: e questo vale tanto per il numero di organizzazioni («cresciute del 20% rispetto al 2011») sia per il numero di persone impegnate che per il valore dei mezzi economici disponibili.
Allo stesso tempo, invece, il volontariato tradizionale, che è essenziale per le organizzazioni non profit, pare stia attraversando un periodo di difficoltà. Il dato più evidente emerge dalle due rilevazioni del Censimento permanente delle istituzioni non profit effettuate dall’Istat nel 2015 e nel 2021: si registra un calo (meno 15,7%) del numero dei volontari italiani, secondo una tendenza osservata in generale nell’ultimo decennio. E tuttavia, pur dentro questo scenario di difficoltà delle forme di volontariato tradizionale, se ne stanno affermando altre che «rispondono a questo calo, come il volontariato d’impresa promosso dalle aziende attraverso i propri dipendenti in orario di lavoro».