Vendite auto: Fiat e Tesla a marcia indietro, cosa c’è dietro la crisi
E intanto le vetture cinesi vanno all'arrembaggio del mercato made in Italy

La “fotografia” statistica delle vendite di auto in Italia nella prima metà (gennaio-giugno) di quest’anno: i dati sono di Unrae, l’associazione che raggrupa case automobilistiche estere che operano in Italia
LIVORNO. Le immatricolazioni di auto nell’Unione europea nei primi sette mesi di quest’anno indicano soprattutto due cose: da un lato, la Fiat e la Tesla balzano agli occhi come i “grandi malati”, le case automobilistiche cinesi escono dalla fase dell’ “infanzia” e diventano una realtà ormai affermata. Parola del report statistico dell’Unrae, l’organizzazione di categoria che raggruppa i marchi esteri dell’industria dell’auto che operano in Italia nella distribuzione e commercializzazione di autovetture.
LA FIAT ARRETRA AL 15° POSTO IN EUROPA. Per avere un’idea di quanto profonda sia la crisi del marchio Fiat, basti dire che nei 27 Paesi dell’Unione europea da Capodanno a fine luglio la casa torinese ha venduto 165.240 vetture, e questo già di per sé è un tonfo di oltre 21 punti percentuali rispetto alle 209mila auto immatricolate nello stesso periodo dodici mesi prima. Non basta: da esser una delle regine del mercato continentale ormai è ridotta a esser poco più di una comparsa, visto che per volumi di vendite risulta a malapena al 15° posto (e chissà per quanto potrà conservarlo: in questi mesi è stata sorpassata da Ford e, in forte ascesa, ha messo la freccia anche Cupra, marchio sport di Seat, che ha già superato le vendite della casa madre).
Del resto, è solo nell’estate dello scorso anno che salta fuori un modello nuovo come la “Grande Panda”: c’erano stati anche la “600” (che però pare un restyling della galassia delle “500” ma adattata alla produzione su una piattaforma Psa) e la “Topolino” (che cerca di andare a caccia di un mercato nuovo, al di sotto della fascia delle utilitarie e del limite di età per la patente, ma in realtà è un “ciclomotore” riadattato a un modello Citroen). Fiat non è davvero la sola a farlo ma si può costruire il futuro solo con questo insistito richiamo ai fasti del passato? Del resto, nessun altro marchio si è aggiudicato il titolo di “auto dell’anno” (nove volte) ma negli ultimi vent’anni ce l’ha fatta solo una volta (e stiamo parlando del 2008)…
Lasciamo per un attimo nel cassetto tutta la disquisizione se con Stellantis la Fiat sia stata di fatto inglobata nel sistema a guida francese Peugeot-Citroen, sembra però di capire che il marchio storico dell’industria dell’auto made in Italy abbia scommesso sulla trasformazione dell’ “hardware” dell’auto (a cominciare dal motore dopo l’era del vecchio Fire) e l’abbia fatto giocando le fiches sulla transizione verso l’elettrico. Salvo adesso dare il contr’ordine e cambiare daccapo la strategia.

“Cybertruck”, uno dei modelli più controversi di Tesla: nelle strade di Boston, maggio 2024
ANCHE TESLA NON SE LA CAVA BENE IN ITALIA. Il caso di Tesla è l’esempio di come si vende un sogno, prima che un prodotto. Nei primi otto mesi di quest’anno il marchio di Elon Musk ha perso un terzo delle vendite: ferme a quota 7.341, ben lontana dalle 11.047 dell’analogo periodo dello scorso anno. Continua a essere in classifica più in alto di marchi di lunga tradizione come Mazda, Lancia, Honda e Seat ma è stato sorpassato dai cinesi di Omoda & Jaecoo, una casa automobilistica che in tutto il 2023 aveva venduto in Italia cinque auto: sì, cinque come le dita di una mano.
Negli ultimi due mesi il segno “meno” è rimasto: però in forma meno pesante (tutt’al più 4-5 punti percentuali in meno), invece nella prima metà del 2025 il grafico delle vendite in Italia era precipitato giù di oltre il 36%, secondo i dati Unrae. Chissà se è un “effetto Trump alla rovescia”, anche perché ad esempio in marzo le Tesla venduta sono balzate a quota 2.217, d’improvviso il 51,3% in più di quanto era accaduto dodici mesi prima (1.465). Fatto sta che l’emblema della genialità applicata all’imprenditoria più visionaria sembra aver perso il tocco magico: si pensi alla «grande fuga dei manager» segnalata dal quotidiano confindustriale “Sole 24 Ore” a fine giugno indicando che se n’è andato pure il suo braccio destro Omead Afshar e che «un dirigente su tre ha lasciato l’azienda nell’ultimo anno». Intanto Wall Street sembra aver reagito positivamente alla pensata di cancellare il superteam di Dojo, nato in casa Tesla per dar vita a una futuribile guida autonoma sui propri modelli e stimato 500 miliardi di dollari di valore prima ancora che mandasse anche solo un vagito concreto.
DALL’ ARCHIVIO:
L’ASCESA DEI MARCHI CINESI. Nel frattempo, è esploso il fenomeno delle auto cinesi, fin qui snobbate dal mercato: si sta ripetendo quanto era avvenuto con l’arrivo dei marchi giapponesi prima e coreani poi. Ad esempio, Mg è a un niente dal sorpassare le vendite di Mercedes in Italia e ha già superato case automobilistiche come Kia, Opel, Skoda, Nissan o Suzuki. Senza contare che Byd è schizzata da 839 vetture vendute nei primi otto mesi del 2024 alle oltre 12mila del medesimo arco di tempo di quest’anno. D’altronde, se la casa di Shenzen può permettersi di mettere sul tavolo fino a 10mila euro di propri incentivi qualora non funzionassero quelli statali, qualcosa vorrà dire…
Il volume delle vendite di auto cinesi già adesso è al di sopra delle 10mila al mese: quanto basta per collocarsi alle spalle di quanti finora facevano man bassa del mercato, cioè Fiat, Toyota, Volkswagen e Dacia. Meglio cioè di Peugeot, Renault, Audi, Bmw, Ford e Citroen. Il sorpasso da parte delle case asiatiche rispetto a quelli europei sul mercato italiano non è ancora avvenuto ma ricordiamoci che il secondo marchio più venduto nel nostro Paese è ora asiatico (Toyota) e che nel complesso, fra le auto acquistate da gennaio a agosto, quelle appartenenti a marchi asiatici sono state più di 241mila, cioè quante ne totalizzano insieme le prime tre case europee più vendute in Italia (Fiat, Volkswagen e Dacia).
Bob Cremonesi