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Le trivelle il referendum e il NIMBY

ROMA – L’affermazione è netta: anzi, netta in modo inconsueto, visto che viene da un politico, il ministro dell’Ambiente che sul tema dovrebbe essere il più coinvolto e informato.
[hidepost]Ebbene, il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti ha dichiarato nei giorni scorsi che nel referendum contro le perforazioni alla ricerca di idrocarburi lungo le nostre coste “Non ho ancora deciso se andrò al referendum: ma se ci andrò, voterò no”, Ovvero: no al divieto di perforare. Con una postilla altrettanto significativa: “Non permetterò che il tema ambientale venga utilizzato per bloccare lo sviluppo”.
Fermiamoci qui, perché l’argomento è delicato. E si presta ad atteggiamenti talebani, come spesso accade quando si affrontano temi generali e anche generici, come la difesa dell’Ambiente. Domenica 17 aprile saremo chiamati a decidere, con un referendum che sta spaccando l’Italia in due, se vogliamo chiuderla con le perforazioni già concesse per la ricerca di idrocarburi lungo le nostre coste. Chi voterà no, si dichiarerà favorevole a continuare le trivellazioni, già abbondantemente regolate e “sotto controllo” come ribadisce lo stesso ministro. Chi voterà si, chiederà che a scadenza tutte le perforazioni vangano bloccate.
Gli schieramenti si stanno già dando battaglia in parlamento e sulla stampa. Con accuse reciproche. Chi accetta le perforazioni viene accusato di scarso rispetto dell’ambiente, se non di favorire catastrofiche (ma non provate) tragedie naturali, come i crolli, le eruzioni o altro. Greenpeace ci ha messo sopra anche un carico da 90 sulle cozze dell’Adriatico (potrebbero essere avvelenate) suscitando la rivolta del mondo dei pescatori che di cozze ci vive. Chi non vuole le perforazioni, viene ironicamente invitato a mollare l’auto e andare in bici, a scaldare la propria casa con la stufa a legna (ma con legna certificata) e a fare a meno di telefonini, metropolitana, aerei ed altro. Tanti che stanno a metà del guado sono i sostenitori del NIMBY (not in my backyard) per i quali petrolio e gas vanno bene purché “trivellati” altrove. E via così.
Il 17 aprile è ormai alle porte, e sarà interessante vedere quale delle due Italia prevarrà. Ammesso che con questi lumi di luna, e con i problemi legati alla sicurezza internazionale, alla guerra (non guerreggiata ma asimmetricamente furibonda) e alla crisi economica che ancora galoppa, gli italiani abbiano voglia e tempo di impegnarsi contro le trivelle. Dicono che potrebbe prevalere l’astensionismo, ovvero il “chi se ne fotte”. E anche questo, non sarebbe un buon segno.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
2 Aprile 2016

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