Tragedia Concordia: riconsiderare il gigantismo?
Il contrammiraglio Franco Magazzù, già presidente di commissione per le inchieste formali sui sinistri in mare presso la direzione marittima di Livorno, e autore di pubblicazioni specializzate su molte testate, ci ha inviato il seguente interessante commento su alcuni aspetti della tragedia della “Costa Concordia”.
LA SPEZIA – E’ compito della magistratura ordinaria, sulla base del contributo dell’inchiesta formale esperita dalla competente commissione residente presso la Direzione Marittima di Livorno, accertare le responsabilità sulla base del c.d. “elemento eziologico del reato”, ovvero il nesso di casualità, cioè a dire il rapporto tra la causa e l’effetto.
[hidepost]
Nella fattispecie l’effetto è dato dal fatto che la nave, con la carena squarciata, giace arenata su di un basso fondale con grave danno alle persone e alle cose.
La causa dovrà essere accertata in giudizio, esaminando nella fattispecie le motivazioni che hanno portato, nella condotta nautica del mezzo, una nave da 114.000 tonnellate di stazza lorda (volume), ed una lunghezza di 290 metri a navigare a breve distanza dalla costa ed in fondali non adeguati in relazione al suo pescaggio.
Escludendo il dolo, sussistono ipotesi di colpa, la quale colpa può essere dovuta ad imperizia, imprudenza, negligenza, inosservanza di disposizioni legalmente date, di ordini e regolamenti.
Sembrerebbe al momento acclarato che la nave stesse navigando con condizioni meteomarine assicurate e con visibilità buona.
Senza voler disturbare i sofisticati software capaci, sulla base degli input del GPS e del radar, di seguire la rotta stabilita su di una carta elettronica, segnalando eventuali irregolarità, una semplice occhiata alla carta nautica ed ai fondali in zona, valutando la distanza di sicurezza da tenere, verificabile sui due radar in dotazione, avrebbe in ipotesi scongiurato, a meno di nuove informazioni, quello che sembrerebbe essere dovuto ad un banale errore, con gravissime conseguenze.
Molte critiche, da parte dei passeggeri sono state mosse alla gestione dell’abbandono nave, evidenziando disinformazione, poca prontezza operativa e poca padronanza nell’impiego dei mezzi di salvataggio.
Il gigantismo nelle costruzioni navali adibite al trasporto passeggeri, ha indubbiamente portato, perseguendo economie di scala, all’abbattimento dei prezzi praticati per una crociera, permettendo a fasce sempre più ampie di poter accedere a questo genere di vacanza.
La Costa Concordia può trasportare, oltre a 1.100 persone di equipaggio, 3.700 passeggeri, per un totale di 4.700 persone.
In contropartita, a causa della considerevole presenza umana a bordo, esiste di fatto la difficoltosa gestione dell’emergenza nave che può essere essenzialmente ricondotta ai due casi principali: incendio grave a bordo e rischio di affondamento per falla, entrambe le casistiche confluiscono in ultimo nell’abbandono nave. Ove occorre preventivare che non sempre le navi affondano lentamente, immergendosi parallele a se stesse senza sbandarsi, con tutte le luci accese e le apparecchiature alimentate e funzionanti, concedendo tutto il tempo materiale per poter evacuare il bastimento come da manuali e monografie.
Ho avuto il privilegio di navigare, in qualità di ufficiale di coperta, con l’allora “Costa Line”, con due comandanti di grande esperienza e professionalità, i C.S.L.C. Matteo Zonca e Angelo Fuller, dei quali conservo un caro ricordo e posso dire di essere stato ad una buona scuola che muoveva, con serietà da una grande tradizione.
Un secondo ufficiale di coperta si occupava dell’ emergenza: uomo a mare, incendio, abbandono nave, ispezionava le lance di salvataggio, manuteneva gru e cavi e ne provava l’ammainata, sostituiva fuochi da segnalazione e viveri prima della scadenza, come pure curava l’addestramento di tutto l’equipaggio (personale di coperta, di macchina, di cucina e di camera), affinchè fosse capace di svolgere con padronanza i compiti cui era chiamato nell’emergenza. Nel giro di tre mesi, ogni minuto aspetto veniva rivisto e aggiornato, annotando minuziosamente, su ordinatissimi quaderni, scadenze e date.
Eravamo negli anni 1974/75, non c’erano i computer, ma le cose funzionavano egualmente grazie all’impegno ed anche credo al fatto che la nave, la T/n. “Federico C.” con trecento uomini d’equipaggio e 1.300 passeggeri era ancora una realtà gestibile.
Franco Magazzù
[/hidepost]