GENOVA – Il rischio non è nuovo: puntiamo il dito sulla Luna, ma lo sguardo non va oltre al dito. Traduzione: in Italia ci si scanna nella guerra fratricida tra porti guardando con priorità agli assetti politici (o peggio ancora, partitici) mentre nel mondo cresce la preoccupazione – ma crescono anche le strategie per farvi fronte – sul gigantismo navale che rivoluzionerà rotte, classifiche dei porti e anche tecnologie di sbarco e imbarco delle merci.
Sulla costa Est degli Usa – quella più impegnata nei traffici containers con il Far East dove oggi si concentrano le meganavi da oltre 12 mila teu – si sta arrivando al blocco delle banchine sia per le minacce di un devastante sciopero dei portuali, sia perché i grandi terminal di Los Angeles e Long Beach si trovano in carenza di strutture adeguate alle navi più grandi.
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