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Demolizioni navali anche Piombino

PIOMBINO – Un passo alla volta, anche la società PIM (gruppo Neri e San Giorgio del Porto) è stata iscritta all’albo nazionale – e di conseguenza a quello europeo – autorizzato sulla base delle normative UE alle demolizioni navali. C’è voluto il recente decreto del ministero MISE, insieme a quello dell’Ambiente, per sbloccare una situazione che rasentava l’assurdo. Le vecchie navi italiane, anche quelle militari, venivano mandate a demolire in Turchia, da dove tornavano i loro metalli a caro prezzo in Italia.

La società PIM di Piombino è da tempo attrezzata, con forti investimenti privati, nelle aree in concessione, ed ha già operato sia sui cassoni di spinta della Costa Concordia (riciclandone alcuni come moli per porto Loti) sia su interventi minori. Adesso sta cominciando a ricevere i materiali di demolizione della “Belkan B.”, uno dei famigerati relitti che per anni sono stati al centro di una kafkiana vicenda a Ravenna (costata anche un’inchiesta della magistratura a carico del povero presidente dell’AdSP) sulla quale ha cominciato a lavorare sul sito la Fagioli.

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Come abbiamo già riferito, dal 15 ottobre l’atteso decreto interministeriale ha dato mandato sia alle AdSP sia alla Marina Militare (per quest’ultima sui relitti che ingombrano tre basi: Augusta, Taranto e La Spezia) di inviare entro la fine dell’anno (termine ultimo, a quanto pare) una mappa aggiornata sia dei relitti navali che impegnano le banchine, sia delle modalità proposte per demolirli, eventualmente trasferendoli nei siti iscritti all’elenco europeo. Dovranno essere fatte le relative gare d’appalto e lo Stato contribuirà fino al 50% delle spese: contrastando in questo modo la concorrenza del cantiere turco oggi “padrone” delle demolizioni in tutto il Mediterraneo.

La speranza è che adesso le AdSP si diano davvero da fare per ottemperare a una norma che non solo consentirà di liberare banchine e piazzali, ma darà lavoro a centinaia di italiani e farà recuperare anche metalli sempre più preziosi. Basterà ricordare che per demolire il disgraziato scafo della Costa Concordia nel porto di Genova hanno lavorato 300 persone per oltre due anni e sono stati recuperati materiali dal valore di decine di milioni (che oggi varrebbero cinque volte di più per il noto aumento elle materie prime.

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Pubblicato il
30 Ottobre 2021

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