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L’argento del mare di Gorgona

Riceviamo da S. Campolattani, frequentatore dell’isola di Gorgona, un quesito che siamo costretti a riassumere:

In una recente visita sull’isola-carcere, ho notato alcune scritte che si riferiscono a qualcosa di simile all’“argento” dai mari dell’isola. Non sapevo che ci fossero miniere o sistemi estrattivi. Ho chiesto a un agente di polizia penitenziaria che ci accompagnava ma non ha saputo rispondermi. Incuriosito mi rivolgo a voi perché mi hanno detto che avete scritto molto su questa bella isola così vicina a Livorno e così lontana dal mondo mormale.

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Per quello che possiamo arguire, l’“argento” cui si riferisce il lettore fu a suo tempo la pesca delle acciughe, che richiamava in stagione decine e decine di barche sia dalla Liguria (Camogli in particolare) sia dal Golfo di Napoli e dalle isole partenopee, nonché da Capraia e dalla Corsica. C’era una vera e propria stagione di pesca perché i banchi di acciughe erano tanto ricchi da costituire un richiamo enorme: e sull’isola si erano anche istallati “ispettori” del Granducato di Toscana che verificavano le quote di pesca e richiedevano un “quid” riservato ai granduchi. Gli isolani a loro volta guadagnavano affittando terreni vicini al porticciolo per stendere ad asciugare le reti, per ripararle e per ridar loro il colore adatto. Il commercio era talmente intenso che le acciughe, pressate in barili sotto sale, venivano esportate in mezza Europa. Nella foto ecco una scatola di acciughe sotto sale confezionata con il prezioso prodotto di Gorgona addirittura dai celebri magazzini Harrod’s di Londra.

La pesca è stata tanto intensa fino alla fine dell’800 che i banchi di acciughe sono praticamente spariti, anche se una ventina d’anni fa la pesca veniva di nuovo praticata di notte da qualche peschereccio con reti speciali e un sistema di luci (e di piccole cariche esplosive di fondo) che facevano aggallare le prede. Sistema che riteniamo oggi proibito trattandosi di acque del Santuario Marino Pelagos.

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Pubblicato il
20 Febbraio 2021

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