E Tel Aviv vara i binari anti Suez
ROMA – Se c’è un paese che ha giornalieri problemi di sopravvivenza, di quelli che comportano anche minacce reali di sterminio fisico, è Israele.
[hidepost]Eppure proprio da questo paese che da sempre è in stato di guerra – ricordiamo le foto delle ragazze in bikini in spiaggia con il mitragliatore in spalla – ci arrivano lezioni di imprenditoria di ogni tipo, da farci ancor più vergognare per l’ignavia imprenditoriale di Stato e l’etero bla-bla-bla della politica italiani. E’ il caso della gara di privatizzazione (privatizzazione reale, non mascherata) di cui parliamo qui a fianco per i due principali porti della sua costa mediterranea. Ed è il caso dell’approvazione, da parte della competente commissione interministeriale del governo di Tel Aviv, del progetto di una nuova ferrovia che congiungerà Eliat in Mar Rosso con Ashdod in Mediterraneo entro i prossimi cinque anni. Si tratta di completare un tratto ferroviario già esistente, ed utilizzato più che altro per il trasporto cargo interno, estendendolo e potenziandolo in modo da trasformarlo in una reale alternativa ai transiti dei containers attraverso il canale di Suez.
Come ha dichiarato il ministro dei Trasporti israeliano I. Katz “una volta completato il collegamento, sarà possibile raggiungere Eliat da Tel Aviv in due ore, con treni passeggeri che in alcuni tratti viaggeranno a 250 km/h”. Parallelamente ai tratti ultraveloci per i passeggeri, che puntano a incrementare il turismo, sono in programma binari per i carichi cargo pesanti tra i due porti del mar Rosso e del Mediterraneo. “In questo modo – sottolinea da tempo il premier Benyamin Netanyahu – Israele aprirà una nuova linea di commercio tra l’Asia e l’Europa, alternativa al canale di Suez”.
Ovviamente il progetto preoccupa l’Egitto, gestore del canale, ma non solo. C’è polemica anche all’interno di Israele perché sembra appurato che la realizzazione della grande linea ferroviaria – 340 km nel complesso – sarà finanziata, realizzata e forse almeno in parte gestita da compagnie cinesi, di un paese cioè che Israele considera “amico dei nostri nemici”. Secondo il governo di Tel Aviv invece i cinesi si limiteranno a partecipare alla costruzione, ma non alla gestione, per la quale sono state interessate anche imprese europee, in particolare francesi e spagnole. Con l’Italia che, come sempre in quest’epoca, è in tutt’altre faccende (?) affaccendata…
A.F.
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