LIVORNO – Diciamolo con franchezza: in quello che appare oggi un marasma di fattori ingovernabili nell’economia mondiale e di conseguenza nel trading anche sul mare, i rischi dei grandi canali – Panama e Suez ma non solo – rappresentano forse il meno.
- Una rotta alternativa del Polo Nord?
- La ex Via della Seta, oggi in evoluzione verso un compromesso per integrarla con la via dell’India?
Il problema vero oggi è che si sta modificando, in modo accelerato, il panorama dei paesi produttori delle merci più richieste, di massa e non.
*
L’Europa in questo senso è ormai più che altro un pigmeo economico, malgrado la millenaria storia dei nostri magnifici artigiani e imprenditori privati. Ma ci siamo abituati, come dicono i tanti istituti d’analisi, ad avere dal resto del mondo tutto o quasi ci serve di largo consumo a basso prezzo. Stiamo piangendo per il blocco del grano russo ed ucraino, quando rappresenta meno di una frazione minima (nemmeno il 6%) del prodotto mondiale. Stiamo sbraitando (giustamente) sui prezzi esagerati dei carburanti fossili quando potremmo essere in Italia quasi autosufficienti per le riserve che esistono – greggio e specialmente gas – sul territorio e sotto le nostre coste.
Perché era facile chiudere gli occhi sui danni ambientali delle estrazioni se avvenivano lontano dalle nostre coscienze.
Spendevamo meno anche se erano, ambientalmente parlando per eccesso, soldi “sporchi”? Pecunia non olet, non solo per gli antichi.
E sempre per dirla con gli antichi: Panta Rei, tutto cambia, volendo o non volendo.
Per leggere l'articolo effettua il Login o procedi alla Register gratuita.