LIVORNO – Sulla snervante e sotto alcuni aspetti paradossale attesa della VIA per la Darsena Europa, cioè il futuro del porto di Livorno. Abbiamo già scritto più volte. Abbiamo anche scritto che la commissione interministeriale quasi un mese fa (dopo un anno…) ha comunicato di aver deciso per l’OK, ma con una serie di prescrizioni che sono dettagliatamente elencate nel decreto interministeriale.
È bastato questo annuncio per far suonare le campane degli ottimisti: che forse, in tempi grami come questi dove le notizie sono sempre preoccupanti, hanno cercato di vedere il bicchiere mezzo pieno. Perché? Perché il tanto atteso decreto dell’OK a tutto ieri ancora non c’era: e sulle prescrizioni giravano (e girano) da Roma indiscrezioni preoccupanti. Palazzo Rosciano, sede dell’AdSP, tace: ma qualcuno da Roma ha fischiato che ci sono almeno duecento pagine di dettagliati “caveat”, cioè di prescrizioni che comporteranno, prima che l’OK diventi davvero operativo, altri mesi di lavori a Palazzo Rosciano dei tecnici e degli amministrativi. Per non parlare degli ulteriori costi.
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Ci sono volte in cui il mestiere del cronista è amaro. Come in questo caso. Da vent’anni seguiamo, con crescenti apprensioni, gli sviluppi del grande e allora splendido sogno di una “Piattaforma” Europa che doveva diventare il più moderno, versatile e ricettivo porto di tutto il Tirreno; “piattaforma” poi tristemente declassata a “Darsena” con la foglia di fico del definire il passo indietro come “prima fase”. Da parte pubblica ci sono stati, inizialmente, i soliti passaggi burocratici, ma anche alcuni concreti sostegni: come i 200 milioni stanziati dall’allora governatore della Toscana Rossi, come i fondi accantonati dall’AdSP, come le promesse di Roma, parzialmente mantenute per la prima fase propedeutica, quella appaltata per le opere foranee. Poi si è fermato tutto, davanti, all’inciampo di una VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) che si era aperta con la scandalosa (e ridicola) vicenda delle cozze inquinate: vicenda che ha fermato per mesi ogni pratica, fino alla scoperta che le povere cozze non erano affatto inquinate ma qualcuno aveva sbagliati le analisi.
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