L’ammiraglio (quasi) livornese che guiderà la trasformazione della Marina militare
Chi è Giuseppe Berutti Bergotto e perché deve interessarci il Polo nazionale della subacquea

L’ammiraglio di squadra Giuseppe Berutti Bergotto, 62 anni compiuti a marzo, durante un intervento a un evento dell’associazione di logistica sostenibile Alis guidata da Guido Grimaldi
Classe ’63, compleanno nello stesso giorno di un uomo con un certo curriculum nel guidare squadre tricolori come il ct Azeglio Vicini: in certo qual modo anche la “squadra” che dovrà guidare l’ammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto – la Marina militare del nostro Paese – dovrà fare parecchi gol. Ma a differenza degli azzurri al Mundial qui parliamo di migliaia e migliaia di persone.
Probabilmente di origini torinesi, risulta che il nuovo numero uno della Marina sia livornese d’adozione, è sicuro che almeno in certi periodi abbia vissuto a Livorno: è stato in Accademia Navale per laurearsi in scienze marittime e navali dal 1982 al 1986 ed è tornato nell’istituzione militare del lungomare labronico ma come comandante della 4° e 5° Classe a cavallo fra il 2001 e il 2003. In realtà, più spesso, se è vero che ha visitato lo stabilimento Drass e a Livorno gli operatori economici lo ricordano a incontri del mondo marittimo-navale: compreso quello in cui più di qualche anno illustrava le ragioni strategiche della proiezione globale che avrebbe dovuto avere la Marina Militare in nome della salvaguardia del Paese, non più semplicemente presidiando i confini ma capendo che c’è un interesse fondamentale a proteggere i super-cavi sottomarini dai quali passano fantastiliardi di dati.
Lo strano caso dei misteriosi guasti ai super-cavi
Per far capire che le minacce ibride erano già allora il presente non aveva avuto bisogno del “fuoco amico” contro il gasdotto North Stream che ha contribuito a mettere in ginocchio l’economia tedesca (insieme al mai abbastanza chiarito scandalo del “Diesel-gate”). In quella sede – non sto a spiegare qui come mi ero imbucato – parlò dei guasti che capitano a tali super-cavi che sono le “autostrade digitali” dalle quali transitano le transazioni finanziarie con flussi al di là di ogni immaginazione. Con pacatezza spiegò quanti erano stati i black out l’anno precedente e su 22 guasti incomprensibili un certo qual “sospetto” (lui usò un termine più denotativo e meno “giornalese”, ma ci siamo capiti).
Finora sembra che la grande stampa nazionale o anche le testate online specializzate abbiano dedicato a questa nomina meno attenzione che all’eventuale infortunio del gatto di mister Allegri: è vero che era già il numero due dell’ammiraglio Credendino, ma mi pare un errore immaginarlo come il solito avvicendamento burocratico per cui si slitta in alto di una casella e il capo di stato maggiore è sostituito a tempo debito dal numero due, che vedrà arrivare come vice l’ex numero tre.
DALL’ARCHIVIO/1: qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima in cui si annuncia la nomina dell’ammiraglio di squadra Giuseppe Berutti Bergotto: è il nuovo capo di stato maggiore della Marina militare

Repubblica: una scelta di continuità
Unica eccezione ma con quasi 24 ore di ritardo Gianluca Di Feo su “Repubblica”: anche lui, al pari di fonti da me interpellate, parla di «scelta di continuità» nel nome dell’esigenza di «portare avanti le riforme varate dal predecessore negli anni più straordinari nella storia della nostra flotta militare». Poi si mettono in fila gli elementi del cambiamento di paradigma, visto che «dal 2022 le missioni si sono moltiplicate»:
- anzitutto la necessità di controllare la presenza russa nel Mediterraneo, cresciuta nella prima fase dell’invasione dell’Ucraina con unità che hanno compiuto manovre persino nell’Adriatico, sottomarini e tanti battelli spia.;
- il sabotaggio del gasdotto Nord Stream ha posto il problema di vigilare sulle reti che trasportano energia e dati nei fondali, imponendo una radicale trasformazione nel settore subacqueo;
- la spedizione europea nel Mar Rosso a protezione del traffico mercantile minacciato dagli Houthi che ha impegnato i nostri marinai in azioni di combattimento contro droni e missili lanciati dai miliziani yemeniti;
- il primo schieramento di un “carrier strike group” guidato dalla portaerei Cavour nell’Indopacifico, nuovo scenario delle attività Nato
In realtà, la figura dell’ammiraglio Berutti Bergotto è quella che sta alla guida del Polo nazionale della dimensione subacquea (Pns) che individua nelle profondità marine il “rettangolo di gioco” in cui si giocherà la partita decisiva nei prossimi decenni (così come nello spazio): dunque, per evitare di trovarsi impreparati a rincorrere gli eventi per metterci una pezza come sembrerebbe esser accaduto sul fronte della difesa da attacchi cyber, è stata strutturata una sorta di “santa alleanza” fra istituzioni pubbliche, apparati militari (ovviamente a cominciare dalla Marina), i colossi dell’industria pubblica come Fincantieri e Leonardo più una galassia di aziende private, talvolta start-up, le reti del sapere che si coagulano nei poli di ricerca e all’interno delle università per costituire una difesa di tipo nuovo rispetto al mutare delle condizioni dei possibili attacchi.
Il cambiamento nel profondo (e non si parla degli abissi)
È uno dei cambiamenti delle “strutture profonde” del Sistema Paese più rilevanti che si siano compiute nell’ultimo decennio: l’equivalente, per rilevanza, di una “legge Fornero” (anche se l’impatto sociale è ovviamente assai minore) eppure sostanzialmente quasi sconosciuta, rimasta cioè confinata nell’ambito degli addetti ai lavori. Qualcosa che ha radici più lontane della sterzata politica a destra con il governo Meloni, è un cammino che il Paese ha intrapreso da un pezzo, senza troppi sussulti al cambiar delle coalizioni di governo (anche se formalmente il Polo in quanto tale ha il “certificato di nascita” datato 12 dicembre 2023, cioè con Meloni premier e Crosetto alla difesa).
Per capire di cosa stiamo parlando: in genere, la macchina dello Stato ha la reattività di un bradipo addormentato, nel caso del Polo nazionale della dimensione subacquea – come ricorda il neo-capo di statio maggiore della Marina Militare in una intervista a “StartMag” – a tre mesi dall’inaugurazione erano già stata messa in pista una prima infornata di bandi e, a distanza di sei mesi, un altro poker di bandi, sia l’uno che l’altro round già assegnati.
Nessuno s’immagina più i cosacchi che abbeverano i cavalli in piazza San Pietro, è più facile che la minaccia colpisca dalle telecomunicazioni aeree o negli abissi, e magari faccia saltare connessioni, disturbi reti indispensabili per il funzionamento della quotidianità (ospedali, acquedotti, centrali e le varie infrastrutture critiche).

L’ammiraglio Berutti Bergotto (a destra) insieme a Matteo Perego di Cremnago, ex manager di Armani, in politica con Forza Italia e ora sottosegretario alla difesa
Al timone del Polo nazionale della dimensione subacquea
L’ammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto ha dalla sua il fatto di aver conosciuto dall’interno le trasformazioni iniziate dal predecessore, ammiraglio Enrico Credendino, e anche, nell’ultimo tratto, di aver fatto esperienza diretta delle pianificazioni strategiche a dimensione di Sistema Italia, non solo come struttura militare agli ordini di una gerarchia con “greche” e “stellette” ma anche come costruzione di un network allargato alla società civile. Guardando, come detto dallo stesso Berutti Bergotto nella citata intervista, a:
- potenziare la ricerca tecnico-scientifica,
- stimolare l’innovazione tecnologica,
- incrementare la competitività dell’industria nazionale,
- tutelare al contempo la proprietà intellettuale associata».
Ecco, è il lavoro di una “squadra” allargata e non del solo Berutti Bergotto ma, a quanto è dato sapere, lui ne è stato in buona misura fra gli artefici e i registi.
Per indicare le coordinate di quel che il Polo della subacquea è vale la pena di ripescare sul quotidiano confindustriale “Sile 24 Ore” le parole dell’ammiraglio Cristiano Nervi, direttore del Pns e del Cssn (Centro di supporto e sperimentazione navale della Marina). Indica un paio di cose da fare:
- la «creazione di una rete infrastrutturale subacquea per il monitoraggio, in tempo reale, dei fondali». Come? Sfruttando «le dorsali di cavi per telecomunicazioni esistenti»: la fibra ottica può funzionare «anche come sensore» e questi consentirà di tenere gli occhi aperti su quel che si muove sott’acqua
- lo «sviluppo di un veicolo subacqueo multifunzione per operazioni militari, civili e industriali». Quale? Esiste già, è «il “Flatfish” di Saipem che opera a 3mila metri di profondità». Però adesso è costituito con componenti di provenienza straniera, l’obiettivo è essere autosufficiente produrle tutte nel nostro Paese.
Prof nell’Accademia della Marina americana
Beninteso, questo è solo un aspetto – certo molto rilevante – del curriculum del nuovo numero uno della Marina militare. Ad esempio, a distanza di qualche anno dai primi imbarchi sulle fregate “Libeccio” e “Maestrale”, dal ’98 per quattro anni ha insegnato astronoma e navigazione nell’Accademia Navale della Marina militare statunitense ad Annapolis. Poco più tardi ha comandato la fregata lanciamissili “Scirocco” e in tale veste ha partecipato a «numerose attività operative» nell’ambito della Nato. Al rientro ha curato le attività di allestimento del cacciatorpediniere “Andrea Doria”: ne assumerà «il comando dal 2007 al 2010».
È nella seconda metà dello scorso decennio che per Berutti Bergotto arriva una serie di incarichi di comando: dal luglio 2016 per quasi un anno e mezzo al vertice della Seconda Divisione Navale e Comitmarfor, un comando di ambito Nato. Il passo successivo è l’incarico di “force commander” dell’operazione europea “Eunavformed Sophia2 per contrastare il traffico illecito di uomini ed armi nel Nord Africa. Dopo esser stato comandante marittimo della Capitale e capo ufficio affari generali dello Stato Maggiore della Marina e esserne stato direttore del personale militare, nel dicembre di quattro anni fa – appena dopo la nomina dell’ammiraglio Credendino come capo di stato maggiore della Marina militare, Berutti Bergotto diventa sottocapo di stato maggiore. Il resto è storia di adesso.
Mauro Zucchelli











