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Presidenze nel paese del Diritto

ROMA – Come spesso accade, si è parlato molto degli effetti, senza andare ad approfondirne le cause. Eppure la sentenza del Consiglio di Stato 04768, che ha cacciato dalla presidenza dell’Authority di Cagliari il pur bravo senatore Piergiorgio Massidda – sia pure con ben due anni di ponderato e ponderoso ritardo: ah, i tempi… – sembra riportare ab ovo tutta la complicata, a volte paradossale se non amara (o vergognosa per molti) pratica delle nomine dei presidenti dei porti.
[hidepost]Richiamando chi fa le nomine – e qui la catena delle responsabilità almeno etiche si allunga ovviamente anche a chi fa le terne – all’essenza vera della legge 84/94, che chiede vere competenze e non foglie di fico – procurate a volte anche in modo offensivo per la pubblica decenza – per i candidati.
Intendiamoci: non vogliamo né possiamo scendere sul caso specifico, tanto più che in due anni di presidenza Massidda si è mosso bene, come hanno riconosciuto anche gli avversari politici. Il problema vero è che fatta la legge, è nato immediatamente l’ìnganno: così abbiamo visto nominare presidenti delle Autorità portuali i più svariati personaggi. Certamente spesso di spicco, specie nell’ambito della partitocrazia: ma in fatto di specifiche competenze sulla portualità e sullo shipping, qualche volta più lontani di Marte.
Così si è visto di tutto: da sindacalisti a medici, da ex sindaci – che almeno un po’ di pratica amministrativa devono averla, anche se l’Authority è un’altra cosa – a parlamentari tuttologhi.
Che poi qualcuno abbia fatto bene, e pochi benissimo, è un altro discorso: perché se la legge richiede “specifiche e comprovate esperienze” e queste non c’erano, o erano testimoniate da qualche referenza politicamente garantita (commissioni ad hoc, studi che non dicono niente di eccezionale, eccetera) chi ha fatto le terne e specialmente chi ha ratificato le nomine non ha rispettato la legge. Punto e basta.
Adesso dovremmo essere al punto zero: ovvero, visto che sono impellenti (e sollecitate) numerose nomine: e visto che ancora una volta la magistratura (nel caso quella amministrativa) ha tirato le orecchie alla politica, riportando le cose sul loro binario, c’è da chiederci davvero che cosa succederà. E c’è da chiederci ancora una volta se questo è rimasto almeno per qualcosa il Paese del Diritto. Oppure è del rovescio.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
9 Ottobre 2013

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